lunedì 29 luglio 2013

I nomi degli oggetti astronomici e qualche parola sulla mitologia nel naming

La IAU (International Astronomical Union) ha i suoi bei grattacapi a nominare tutti gli oggetti astronomici continuamente scoperti. A volte la situazione non è forse dissimile da quella di un'azienda che vuole creare un nome per un nuovo yogurt. Non di rado si ricorre persino a dei sistemi di voto. Tanti sono gli oggetti scoperti che è difficile nominarli tutti senza correre il rischio di imbattersi in un doppione. E i doppioni, in una scienza che si definisca tale, non possono esistere, tanto più che una delle principali caratteristiche che insegnano relativamente al linguaggio scientifico è la corrispondenza univoca tra segno linguistico e referente. Senza scomodare Frege o Peirce, possiamo dire che sono questi argomenti abbastanza comuni, che di tanto in tanto rimbalzano anche sulle nostre pagine di cronaca scientifica o pseudoscientifica (si sa che purtroppo la scienza fa notizia tanto più bizzarra è o quanto più bizzarramente è raccontata). Recentemente, ad esempio, se n'è sentito parlare per le due "lune" di Plutone (si legga anche qui) nominate Cerbero e Stige. La mitologia, tra le altre cose, si conferma ancora una volta un bacino inesauribile per i nuovi nomi e questo dato di fatto appare trasversale: riguarda sia i prodotti che portano un nome come Hermès sia altri "prodotti" della ricerca scientifica. Potremmo condurre ricerche approfondite sul successo della mitologia in una storia trasversale del naming e forse riporterebbero tutte a quel comune serbatoio di pulsioni collettive che i miti antichi incarnavano e incarnano tuttora, in maniera analoga a quanto avviene con molti brand e anche con le proiezioni sulla volta celeste delle nostre conoscenze e scoperte.

lunedì 22 luglio 2013

Il nome di marca si può "gestire"

L'altra sera, vedendo lo spot Teletu, mi tornavano in mente alcune frasi di Jean-Noël Kapferer. Se la memoria non mi inganna, mi pare fosse in Strategic Brand Management: Creating and Sustaining Brand Equity Long Term che lo studioso delle marche sosteneva, con riferimento ai nostri nomi, che questi possono essere gestiti. In sostanza Kapferer in quel passo aveva pure un piglio tranquillizzante, della serie "se vi trovate con un nome che è un mezzo pasticcio, non vi preoccupate, potete illuminare alcuni aspetti e nasconderne altri". Non erano naturalmente queste le parole di Kapferer, ma il senso sì. Detto diversamente era come sostenere che un nome è sempre come un diamante, del quale potete scegliere quale lato mostrare (e naturalmente sceglierete il migliore). Ora, l'esempio di Teletu non è quel che si dice propriamente un nome-pasticcio, ma è un esempio di come con il logo e la voce dello spot possano evitare certe evocazioni da rotocalco settimanale dei programmi tv. Se io lo pronuncio "tele-tu" corro infatti questo rischio. Se invece con la pronuncia (e con il logo) lavoro in direzione di uno smarcamento del -tu finale, accentuato dallo stacco della congiunzione "e" centrale, faccio un'operazione che mette al centro il "tu" (tu cliente-utente), tra l'altro in maniera coerente con la copy strategy storica di Vodafone (proprietaria di questo marchio di telefonia fissa), che da tempo è incentrata attorno a "you" (Vodafone You, Power to you, ecc.).

lunedì 15 luglio 2013

Ancora sul naming di app: il caso di Sellf (c'è un po' di ALCE in questo nome)

"Sell better. Live more" afferma il pay-off della nuova app denominata Sellf. C'è un po' la zampona di ALCE in questo nome, visto che si tratta di un mio contributo dato al team che ha lavorato a questo progetto. Quando Miriam Bertoli, che conosco da qualche anno e che è stata coinvolta nel gruppo di lavoro incubato in H-Farm, mi ha contattato con estrema urgenza perché a pochi giorni dal lancio stavano ancora con un nome-pilota che non li convinceva del tutto, è accaduto tutto molto in fretta. Non c'era molto tempo per fare lunghe liste e sedute di creazione. Nei rapidi scambi, ad un certo punto, dopo aver compreso cosa "fa" e cosa "evita" questa nuova app che nel sito dedicato invita a dismettere il vecchio CRM aziendale, ho suggerito queste parole:

[...] tra i vari nomi avevo pensato a SELLF, con due L, ibrido di SELL e SELF, mi pareva rendesse l'universo (quello delle vendite) e l'idea di automatizzazione/autotraining. La F finale poi rendeva l'idea di qualcosa di leggero, quasi come un soffio. Rimaneva corto e memorabile e inattaccabile da spelling errati. 

Il nome ha forse suggerito anche un domain name .io: www.sellf.io. Non si tratta di un tipo di dominio per i novelli Narcisi, bensì, più semplicemente, del dominio British Indian Ocean. Ma in Italia può suggerire qualcosa di legato all'io, alle app, al mondo degli smart phones, ormai le principali protesi dell'io.

martedì 9 luglio 2013

Numeri per titolare. 100 colpi (di spazzola), 50 sfumature (di grigio) ecc...

Qualche tempo fa uscì un libretto interessante per Laterza. L'autrice, Carla Bazzanella, si occupava in quelle pagine del nostro rapporto coi numeri all'interno del linguaggio (Numeri per parlare. Da 'quattro chiacchiere' a 'grazie mille'). L'altro giorno, registrando l'avvento perentorio del nuovo romanzo "erotico" Rizzoli della pordenonese Irene Cao, pardon, della trilogia, Io ti guardo/Io ti sento/Io ti voglio, mi sono stupito che il titolo non fosse "25 e qualcosa". Dopo i 100 colpi di spazzola prima di andare a dormire di Mellissa P. e le 50 sfumature di grigio della James mi sembrava il seguito più normale per titolare questo prodotto dal quale la casa editrice s'aspetta molto in termini di vendite. Ho toppato miseramente, me tapino. (Ah, leggetevi questa se vi capita.)

martedì 2 luglio 2013

Rassegne di vino e poesia con poca fantasia nei nomi

Concedetemi un piccolo consiglio per gli organizzatori delle molte rassegne legate al vino e alla poesia. Mi capita di frequentare soprattutto le seconde, ultimamente, ma è evidente che vivo in una zona ad alto tasso di rassegne legate al vino e intercetto innumerevoli locandine di rassegne dedicate soprattutto al Prosecco. In troppi casi registro un ricorso agli aggettivi "di-vino" e "di-versi" (nel secondo caso sono ammesse varianti legate sempre alla parola "versi"). Ormai si è quasi creato uno standard, che a mio modo di vedere rischia di essere banalizzante, oltremodo ripetitivo e stancante. Quindi anche poco distintivo. La cosa che gli organizzatori di queste rassegne spesso ignorano è che non sempre essere popolari, apparentemente chiari, didascalici e ripetitivi aiuta. Ci sono casi di rassegne con nomi assai più coraggiosi che hanno avuto molta fortuna. E qui, con il vino divino e i versi diversi, siamo davvero a rischio inflazione. Mi si obietterà che chi cerca vino e poesia non va troppo per il sottile e non bada troppo ai nomi scelti per le manifestazioni a questi dedicate. Accetto quest'opinione, senza però farla mia. E non sono affatto d'accordo.