lunedì 31 marzo 2014

Naming farmaceutico, un interessante articolo

Scrivo raramente di naming farmaceutico (qui accanto un esempio di nome palindromo, Xanax), anche se è da sempre uno dei settori più prolifici per il naming e per le agenzie specializzate: servono spesso nomi nuovi, serve gestire quelli in portafoglio, serve armonizzare l'architettura nominale. I farmaci sono brand e nomi che occupano uno spazio rilevante delle nostre vite. A me capita addirittura di associare delle persone a dei nomi di farmaci che ho sentito pronunciare da queste. Servono tante attenzioni nel naming farmaceutico e c'è sempre qualcosa da fare da un punto di vista gestionale. Qualche mese fa avevo memorizzato il link di un articolo dalla rivista "Slate". L'articolo, che naturalmente risente della provenienza americana, tratta tuttavia delle situazioni riscontrabili anche da noi. Quello del naming farmaceutico è un settore davvero singolare. Come risaputo, ve va della chiarezza/oscurità in un universo di business immenso. Quelle che coinvolgono i farmaci sono spesso operazioni peculiari (nell'articolo si parla anche dei test di handwriting per capire come il nome risulta quando prescritto in una ricetta; il mio dottore comunque ora stampa le ricette e non le scrive più). E qualcosa sembra stia cambiando. Come? Se vi capita date una letta all'articolo di David Schultz.

lunedì 24 marzo 2014

Origine del nome di marca Mammut

Osservando i nomi di marca del settore nel quale opero da tempo, cioè quello degli sport e degli sport invernali in particolar modo, ho provato sempre una forte simpatia per il brand e il brand name Mammut, azienda svizzera di Seon, distretto del fiume Aar. Simpatia e attrazione non devono inficiare la valutazione di un brand di un'azienda che oggi si presenta ai vertici per attrezzatura per la montagna ma anche per la ricerca di sicurezza (sotto una foto di come si presentava, genialmente e coraggiosamente a mio avviso, il lato principale del loro stand alla ultima fiera ISPO di Monaco di Baviera, dove presentavano anche l'ultimo nato tra gli "avalanche airbag"). Credo tuttavia che questo nome sia estremamente sexy, pur nel suo rimandare a un animale estinto (o forse proprio per questo). Ecco, un nome può avere appeal, anzi dovrebbe sempre averlo.


Stand Mammut a ISPO Monaco
Non ho trovato documenti interessanti sull'origine di questo nome ma è evidente che l'universo di riferimento alpino (il payoff dell'azienda attualmente è "Absolute Alpine") lo ha sicuramente ispirato e dettato. Il ricorrere agli animali poi è trend molto significativo nel settore (pensiamo a Jack Wolfskin e al suo emblema con l'impronta). Mammut è nome breve, rimanda a due sole vocali che non dovrebbero generare pronunce errate nel mondo. Parte dalla radice Ma- che ha molte positive implicazioni, anche di protezione, forza. Riporta a un animale immenso, mastodontico. Sarà perché da quando, assai piccolo, visitai questo museo di Crocetta del Montello e i resti fossili di un mammut lì ospitati e ne rimasi così fortemente impressionato, ma io penso che il brand name Mammut sia perfetto e svolga benissimo la propria funzione.

lunedì 17 marzo 2014

Origine del nome di marca Pampers

Non pensate che uno che tiene un blog sul brand naming sia una specie di wikipedia del naming. Niente di più falso. Magari è uno che presta un po' più di attenzione ai nomi che vede in giro. Ma neanche questo è necessariamente vero. L'altro giorno, ad esempio, pensavo di riprendere questa sorta di rubrica dedicata all'origine di un determinato nome di marca e la prima cosa che mi ha capitata in mano ha dato il la a questo post. Non mi pare esistano fonti ufficiali, ma il nome Pampers ha tutta l'aria di derivare dal verbo "to pamper" descritto così dal dizionario Merriam-Webster: "to treat (someone or something) very well : to give (someone or something) a lot of attention and care". Perfetto: né più né meno di quello che da decenni la pubblicità ci fa vedere quando parla di prodotti destinati ai bambini piccoli. La presenza di suoni come Pa- pe- non credo abbia fatto schifo a chi era alle prese con il naming di questa marca di pannolini (una sorta di messaggio subliminale? Era finalmente giunto anche per i padri il loro momento nel cambio dei pannolini?). Del resto, una procedura analoga in termini di posizionamento e valori sembra quella comunicata dal brand naming dell'antagonista Huggies, quasi sicuramente da "hugs", ("abbracci").

lunedì 10 marzo 2014

Domini .me e .io: dal Montenegro al territorio britannico indiano due desinenze "strategiche"?

Penso sia utile tornare a parlare di naming e domini internet. Con la rete sembra cambiato, almeno in determinati casi, il modo di fare naming e quindi branding online. Prendete il caso di about.me, descritto così: "About.me makes it easy for people to learn about you and find your content. Create a free page in minutes with no coding required." In realtà .me sta per il Montenegro come .it sta per l'Italia e .fr per la Francia, ma è evidente che .me giocato in chiave di naming diventa una particella integrante del nome e del branding del nuovo sito, che pure non appartiene ad una società montenegrina. Per gli italiani allora perché non pensare al .io, dominio "Indian Ocean"? Se dovessi aprire un sito di un ipernarcisistico centro estetico valuterei bene l'opzione di prendermi un dominio .io, se questo fa gioco con l'attività di promozione online con cui magari intendo promuovere il centro estetico. Tutto questo serve a ribadire che l'architettura dei domini internet, come altre volte ricordato, diventa un pezzo importante da considerare nel puzzle del branding, soprattutto in quelle situazioni dove la rilevanza del web come canale viene prima di tutto. Quelle dei domini sono architetture mutevoli, spesso ritoccate da nuove regole e leggi. Tali aspetti del rapporto tra naming e domini internet sono tutt'altro che secondari. Anche la recente evoluzione, con la possibilità di acquistare i domini .bar .pizza .hotel ecc, diventa un'opzione in più per quella che si presenta come una nuova strategia di naming e branding online tutta da riconsiderare.

lunedì 3 marzo 2014

Holiday Inn è un naming restrittivo?

Più di qualcuno, via mail o nelle interviste che mi è capitato di rilasciare sul tema del naming, mi chiede di fare continuamente esempi. Mi pare che la piega che hanno preso i post settimanali, brevi e concreti, stia andando proprio in questa direzione degli esempi. Non mi sembra in sostanza di fare post teorici. Ritengo opportuno comunque assecondare queste richieste e proporre (continuare a proporre) degli esempi. Stavolta prendiamo come esempio la catena di hotel e resorts Holiday Inn. Secondo voi quale limite presenta un nome del genere? Facile rispondere. La parola "holiday" sembra far pendere il posizionamento verso una clientela turistica e lasciare meno spazio alla folta e costante, durante tutto l'anno, clientela "business". La risposta è quindi la seguente: se oggi dovessimo lanciare una catena che serva tanto una clientela turistica che una business probabilmente non consiglieremmo l'adozione di un nome come Holiday Inn. Tuttavia, come ho sempre sostenuto in ogni post: don't panic (o meglio, certi nomi sono proprio "da panico", ma non è certo il caso della nostra catena alberghiera). Il nome è un asset abbastanza flessibile, si può gestire insomma, e la nostra "locanda delle vacanze" non mi pare abbia alcun tipo di problema oggi a rivolgersi serenamente anche alla clientela che compera i suoi servizi per affari e non per turismo. Tuttavia, sotto una certa luce, possiamo concludere che tale nome potrebbe finire dentro la lista degli esempi di naming che creano un posizionamento "restrittivo", come il pluricitato caso del detersivo "Perlana", che ugualmente ha risolto con un'attenta strategia i problemi del posizionamento restrittivo.