domenica 25 gennaio 2015

La macchina da caffè a capsule Illy Y5 (ancora sul naming con sigle)

Le macchine da caffè non hanno ancora trovato un ambasciatore come Cezanne, il quale dipinse la "Donna con caffettiera", o almeno il corrispettivo di un Norman, che scrisse il famoso saggio di psicologia e design La caffettiera del masochista. Psicopatologia degli oggetti quotidiani, eppure hanno iniziato a popolare massicciamente abitazioni o uffici e quindi sono entrate dentro un immaginario di consumo, di design e di quotidianità. Pur da forte affezionato del caffè di moka, noto curiosamente un po' ovunque il loro furoreggiare, magari contrastato (o messo in dubbio) da trasmissioni televisive che vanno per la maggiore e solitamente in onda proprio di domenica in questa fascia oraria serale. Ma non sono qui a parlare di Report (trasmissione che fra l'altro evito sempre con attenzione, come evincibile). Qualche giorno fa mi sono soffermato sul naming di questa macchina da caffè espresso a capsule di Illy. Si chiama Y5 e mi sono interrogato su quando semplici sigle alfanumeriche strizzano l'occhio a qualcosa che va al di là della sigla stessa. Come non ravvisare, almeno nella pronuncia inglese di Y5, una certa assonanza con un parola onnipresente come "wi-fi"? E come farsi scappare il forte valore iconico della lettera "Y", che si lega al nome di marca e al logo di Illy?

sabato 17 gennaio 2015

Naming e fonosimbolismo #7: i grissini ricoperti di cioccolato Zulù di Valledoro

Questi grissini di Valledoro, ricoperti di cioccolato fondente o al latte, si chiamano Zulù. Zulù è un nome facile da ricordare e fortemente caratterizzato dall'unica vocale che impiega. Quale valore fonosimbolico potremmo riconoscere nella U? Qualcosa che ha a che fare con il gusto e, spingendoci oltre, con la lussuria persino? Può darsi. Servirebbero dei test che combinino metodologie quantitative e qualitative per supportare determinate tesi. La stessa Z iniziale potrebbe ricoprire un valore fonosimbolico legato alla croccantezza, valore sottolineato anche dal sonoro dello spot che riportiamo qui di seguito. Inoltre Zulù ricorda un po' (e un po' cita) Malù di Parmalat, la coppa di cioccolato e panna che fu a lungo sostenuta con campagne pubblicitarie, molti anni fa. Infine, per tutti e per il dizionario e l'enciclopedia in primis, "zulù" sta per il nome di un'etnia africana molto nota che forse al prodotto si collega per via cromatica. (Questo ad esempio è uno di quei nomi che mi interessano dal punto di vista del processo che ha condotto alla sua adozione.)


domenica 11 gennaio 2015

Il naming di frutta e verdura e il caso di mela Pink Lady®

Che da decenni esista un versante del naming dedicato a frutta e verdura è cosa nota. Anzi, il settore di tali prodotti freschi ha caratteristiche (anche di branding) peculiari ed è singolare persino nel packaging, dal momento che tanta frutta spesso viaggia con un proprio involucro naturale sul quale ci si limita ad appiccicare un bollino. Insomma, il caso Chiquita, la banana "10 e Lode", fece scuola e per molti versi apre degli spunti di riflessione su certe dinamiche e scelte di genere nel naming ortofrutticolo. Ad esempio Chiquita, Melinda, Pink Lady sono tutti nomi di marca che pendono verso il genere femminile. Le varietà di pera - un frutto che fatica a trovare consolidate dinamiche di branding, anche perché forse gli manca tutta una tradizione a supporto dell'immaginario che invece nella mela conta molti esempi, dalla Bibbia a Guglielmo Tell, anche se non andrebbero dimenticate le pere di Pinocchio - pendono invece verso il maschile, con "Abate", "Kaiser", "William". Dobbiamo comunque distinguere bene tra semplici nomi di varietà e brand, come sono Chiquita, Melinda e Pink Lady fra molti altri.

Oggi vorrei soffermarmi sul caso della mela Pink Lady. Al di là delle considerazioni di genere di cui sopra, è evidente per questo brand il ricorso al colore nel nome. Tale mela ha infatti una colorazione (in realtà non proprio il classico rosa) che ben si posiziona in mezzo alle classiche mele gialle, rosse o verdi. Probabilmente, in sede di naming, questo aspetto cromatico non è stato trascurato, anzi, è stato giustamente potenziato e messo in risalto con la denominazione e ora questa mela sembra conquistarsi un posto tutto suo tra le mele gialle e rosse, proprio perché è anche "rosa", almeno nel nome, e poi per delle innovative caratteristiche di gusto che sono assai diverse dalle altre varietà di mele.

lunedì 5 gennaio 2015

Tinder, OkCupid, Lovoo e le altre: la sfida tra dating app è anche nel nome

Dare un nome ad una nuova app sta diventando un esercizio frequente, data la grande natalità e mortalità di queste. Nel gran numero, c’è poi sempre l’applicazione che diventa “killer app”, ovvero quella che tende ad avere la meglio e a soppiantare quasi tutte le altre con caratteristiche simili (un po’ come è accaduto con WhatsApp per la messaggistica). Chissà quale importanza riveste un buon naming in questi successi o insuccessi. Di certo credo siano altri fattori che decretano la vita e la morte di queste applicazioni, come la cosiddetta user-experience ad esempio, ma anche fattori più casuali, a volte. Tuttavia credo che in tempi così rapidi anche un nome ben pensato, curioso e funzionale possa dare un grosso contributo al successo/insuccesso. Nel mondo in gran subbuglio delle dating app, ovvero quelle applicazioni destinate agli appuntamenti tra persone, c’è spazio per tutto. Si va da Tinder (ovvero, in inglese, qualsiasi sostanza secca ad alta infiammabilità), a OkCupid (ho letto di come questa sia stata definita persino la più "scientifica" nel panorama), a quella che ho notato poco fa menzionata su Twitter, Lovoo, che riprende la doppia “-oo” tipica di tante denominazioni del web e che ha un loquace pay-off, “Te ne innamorerai!”, il quale naturalmente gioca sull’ambiguità tra la persona da incontrare e l’applicazione stessa.