domenica 29 marzo 2015

MUDEC è l'ennesimo acronimo utilizzato per il naming museale

C'è giustamente gran fermento per l'apertura del MUDEC, Museo delle culture a Milano, nell'area ex Ansaldo. Trovo quasi ossimorico l'accostamento della parola "museo" con "culture" ma tant'è. Non sono qui per scrivere un post di epistemologia della museografia/museologia bensì per parlare di naming e di quel caso tutto particolare del naming museale. Mi domando sempre più spesso: chi decide i nomi dei nuovi musei che si aprono? Non c'è neanche un pizzico di coraggio di valutare strade alternative agli acronimi? Davvero si pensa che l'acronimo - che parla italiano nel caso di un'istituzione che vorrebbe invece rivolgersi al mondo intero - sia l'unica strada praticabile? Cos'hanno di bello gli acronimi? Sono pratici? Hanno un bel suono? Funzionano? Sono evocativi? E poi, non ci rendiamo conto di una cosa banale cioè che tutti gli acronimi museali del mondo rischiano di iniziare con la stessa lettera, la "M". Questo fatto non potrà mai trasformarsi in un tratto distintivo. Davvero trovo vano sprecare, in un certo qual modo, perlomeno per quanto concerne il naming, gli investimenti, gli sforzi e l'impatto che vuole creare un nuovo museo. Pensateci. Il nome di un nuovo museo non può sempre pedantemente diventare un acronimo "per comodità". Comodità di chi, poi? Forse non guasterebbe qualche archi-star in meno e star due minuti in più a pensare un naming che racconti meglio le aspirazioni di un nuovo museo. Ad ogni modo, in bocca al lupo al MUDEC.

domenica 22 marzo 2015

Cose da evitare in caso di naming di azienda o prodotto

Rimango anche oggi in orbita di esemplificazioni. Alla fine servono sempre. Sempre tra le domande più ricorrenti, oltre a quella di elencare sonori e simpatici errori di naming, c'è quella che chiede: che cosa evitare in caso di naming? Oggi mi soffermo su un paio di aspetti, ovvero che 1) è bene evitare un nome che sia troppo aderente alla categoria merceologica di riferimento/partenza oppure 2) troppo aderente a una tecnologia produttiva. Nel primo caso porto un esempio (di successo), mentre nel secondo caso mi inventerò una situazione. Dico un nome, Amazon, e tutti subito capiscono la lungimiranza di non prevedere la parola "book" (o qualche suo rimando) all'interno del nome. Eppure per un bel pezzo Amazon ha venduto soltanto libri, ma un naming del genere già aspirava ad essere altro. Si potrebbe parlare anche di naming "aspirazionale". Se Amazon non avesse optato per un naming del genere presto sarebbe stato necessario un renaming, per passare a vendere tutto quello che il sito propone. Per questo è bene non attaccarsi mai troppo a una categoria merceologica definita. Così come è bene non attaccarsi troppo a una tecnologia di produzione. Ipotizziamo il caso di un'azienda che produce pali in cemento perché ha dentro di sé una tecnologia che le consente di essere competitiva con questo tipo di prodotti. L'azienda magari cresce, acquisisce una fitta rete commerciale, poi però, per i motivi più disparati (i pali in cemento non li vuole più nessuno, si passa al ferro o si ritorna al legno, oppure semplicemente si usano tutti questi materiali) l'azienda si trova nella situazione di convertirsi a una nuova offerta, costretta ad ampliare la gamma, facendo tesoro della rete commerciale acquisita negli anni. Ecco, in tale caso, non sarebbe stata una scelta saggia un naming troppo legato all'orbita del cemento. Le tecnologie e i materiali passano col tempo, certi bisogni o certe relazioni commerciali invece possono durare più dei materiali e delle tecnologie. In termini di marketing tutto questo ricade nella casistica dei naming con posizionamento restrittivo, e l'esempio principe per anni è stato il detersivo Perlana che tuttavia, grazie alla comunicazione, è riuscito a correggere il tiro di un naming restrittivo (non solo lana ma lana e delicati in genere).

domenica 15 marzo 2015

Dick's ad esempio

In settimana stavo lavorando per questo cliente. Inizialmente non mi ero posto nemmeno il problema. Poi, visto che una volta alla settimana posto qualcosa qui, ho incominciato a pensare sopra il logo e il nome qui accanto. Ecco, a chi chiede esempi, a chi si scervella, a chi a volte è ossessionato dalle implicazioni negative che un nome può avere, sottoporrei l'interessante caso della catena di articoli sportivi americana Dick's. Ritorna in ballo la pragmatica di cui abbiamo già discusso, ritornano in ballo tutte le volte in cui si è detto che un nome è un asset e come tale si può gestire e naturalmente rientrano in ballo pure le numerose accezioni della parola "dick" (ah, dimenticavo, penso non sia necessario spiegare quali significati la parola "dick" può ricoprire in una semantica da dizionario). E poi non dimentichiamo mai il nome della più famosa balena della letteratura e tanti usi di questa parola. Insomma, il naming di Dick's non pare costituire affatto un problema, anche se è vero che tempo fa Dick era pure diminutivo di Richard, mentre oggi nessun genitore si sognerebbe di chiamare il proprio figlio Dick.

domenica 8 marzo 2015

Danio Danone e il naming a partire dai prefissi

In quanto a yogurt la Grecia fa un po' tendenza se Danone ha lanciato un prodotto destinato a entrare nell'immaginario da "denso yogurt alla greca" del banco dei freschi. Finora è stata la marca ateniese Fage ad avere più spazio nei banconi freddi. Ora Danone lancia la sfida con Danio, il nuovo yogurt "alla greca", quindi denso. E gustoso, si legge. Le vie della diversificazione e dell'innovazione sul solco di qualche consolidata tradizione sono innumerevoli. Per quanto riguarda il naming, Danone continua con la propria strategia del prefisso. Così come Nestlé (Nesquik, Nescafé, Nestea, Nespresso ecc.), anche Danone è solita dare i nomi usando il prefisso Dan- (Danito, Danette, Dan'up, Danaos ecc.). Quel che più sorprende è vedere a volte come il limite e paletto del prefisso possa dar origine a nomi sempre interessanti. Ma visto che la partenza dal prefisso è diventata una consuetudine per molte aziende, viene da chiedersi se è soprattutto quando abbandonano questa strada che le loro scelte di naming si fanno più interessanti. Per stare alle due aziende citate e a due prodotti concorrenti, pensate soltato a Lc1 e Actimel.

domenica 1 marzo 2015

Bushido e il naming giapponese per la scarpa da trail di La Sportiva

Nome giapponese per la scarpa da trail di La Sportiva. Si può leggere in vari siti Internet che "il bushido è un codice di condotta adottato dai Samurai giapponesi, letteralmente significa la via del guerriero e si basa su 7 principi fondamentali." Ognuno può poi approfondire su questa pagina in italiano di Wikipedia, se lo desidera. Qui basti suggerire come spesso il naming ricorra a termini "esotici" per dare sostanza, animo e corpo a dei nuovi prodotti. Tale nome si rivela interessante perché, al di là della possibilità di ricorrere a una "storia" e allo "storytelling" in sede di naming e branding, sembra suggerire, almeno a chi scrive, un nome potente e robusto, qualità che una scarpa per la corsa in montagna certamente non disdegna. Il mercato del trail running inizia ad essere abbastanza affollato. Trattandosi di un trend abbastanza positivo, è normale che molte aziende si siano tuffate dentro. Servono idee per differenziarsi e ovviamente servono compentenze, che sicuramente non mancano a un'azienda con una lunga storia come La Sportiva. Il Giappone inoltre è un paese con una bella tradizione di corsa (pensate solo ai suoi maratoneti o ad aziende giapponesi note in tutto il mondo come Asics e Mizuno).