lunedì 27 giugno 2016

Concerto, Sorento, Sonata o Cappuccino: l'italiano che piace in Oriente

Da Honda Concerto a Kia Sorento, da Hyundai Sonata a Suzuki Cappuccino (nella foto a lato): l'italiano non dispiace affatto alle case automobilistiche d'Oriente e spesso è stato chiamato in causa per la denominazione di nuovi veicoli. Al di là di una fonetica ritenuta gradevole (supponiamo questo, innanzitutto), sarebbe interessante scoprire perché di volta in volta delle parole della nostra lingua sono chiamate in causa per denominazioni così importanti (il car naming è spesso la vetta del naming, anche in termini di investimento, lo abbiamo ricordato più volte). Prendendo a esempio i quattro casi sopra citati notiamo che la musica, i luoghi e il cosiddetto stile di vita italiano nell'ambito food&drink sono le motivazioni che conducono verso scelte di naming italofone. Curioso però che in un settore a così netta vocazione "nazionalista" come si è spesso manifestato quello automobilistico, una casa costruttrice si rivolga a un'altra lingua per la denominazione. Ve la vedete una Renault con un nome dal suono germanofono oppure una Skoda dal suono francese? Di certo le cose stanno cambiando anche qui, e il binomio nazione-casa costruttrice avrà forse sempre meno senso...

lunedì 20 giugno 2016

Naming e opposizioni

Il variegato mondo delle "opposizioni" alla registrazione di un nuovo naming o le opposizioni a un naming già esistente e in uso fanno spesso discutere. Anche per l'azienda per cui lavoro ho notato talvolta opposizioni abbastanza bizzarre alle estensioni del marchio. Queste opposizioni spesso lasciano un punto di domanda gigante dipinto in faccia, nel senso che a volte lasciano davvero molta perplessità (ci si chiede perché si sia intervenuti con un'opposizione in situazioni abbastanza improbabili). Del resto, quando entra in campo il diritto il naming diventa una pratica abbastanza indecisa e scivolosa. Questo fatto è noto e chi lavora con studi legali sa bene che nessuno di questi si pronuncia mai in modo definitivo sull'adozione di un dato nome. I motivi di questa quasi perenne incertezza sono abbastanza ovvi, poiché non si possono prevedere eventuali azioni di opposizione che sorgeranno davanti a un nome, alla sua pronuncia e grafia, alle classi merceologiche in cui questo verrà applicato. In questo panorama di perenne incertezza ci si muove quindi cercando di abbassare il più possibile il rischio e la stessa pratica di naming, disidrata della sua componenete più creativa, potrebbe essere vista come una pratica volta ad abbassare il coefficiente di rischio di una data azione di denominazione. Se domani però arrivasse qualcuno che con un software o una banca dati fosse in grado di prevedere il coefficiente di rischio di un dato naming, tutto ciò potrebbe rappresentare un aspetto interessante e curioso per gli sviluppi futuri del naming stesso. Da un punto di vista informatico non mi sembra qualcosa di infattibile. Di sicuro le diverse anime del naming dovrebbero collaborare e linguistica, fonetica, marketing e diritto dovrebbero infatti concorrere alla creazione di un sistema informativo con simili caratteristiche. Utopia?

lunedì 13 giugno 2016

Buongrano, un altro naming semplice per Mulino Bianco

Una marca che ha fatto la storia del naming in Italia (sin dal nome "Mulino Bianco" stesso) propone un nuovo biscotto dal nome semplice, semplicissimo. Scendo un poco nel dettaglio. Il nome è ovviamente formato da due parole, aggettivo+nome. "Buon" è parte integrante del payoff di Mulino Bianco, "un mondo buono", mentre con "grano" compare (se non sbaglio per la prima volta) la parola che definisce una materia prima dentro un naming (qualcosa di analogo è successo con "Grancereale"). Tra le altre cose, va notato un trend al singolare dei nuovi nomi di Mulino Bianco, dopo decenni passati al plurale ("Macine", "Tarallucci, "Rigoli" ecc). L'aspetto curioso di tutta questa faccenda, a mio avviso, è la semplicità spinta di un naming come "Buongrano", che di certo non tenderebbe a farsi molto notare se applicato a un altro biscotto e che tuttavia, all'interno dell'ambiente di senso e della metafora pluridecennale del Mulino Bianco, e coaudiuvato ovviamente dalla campagna pubblicitaria di lancio del biscotto, riesce in qualche modo a farsi notare posizionando il prodotto in quell'universo di genuinità che il brand sostiene da tempo con la propria comunicazione. Che cose ne ricaviamo? Che ogni scelta di naming va rapportata a vari fattori, compreso quello della notorietà della marca-madre e del particolare momento storico in cui vive.

lunedì 6 giugno 2016

Origine del nome Adobe

La casa di software il cui logo è rappresentato a lato è tra le più note del pianeta. I più importanti software di fotoritocco, disegno o impaginazione come Photoshop, Illustrator o Indesign appartengono infatti ad Adobe. Ma che cosa significa "adobe"? Il dizionario Merriam-Webster ci dice: "1. a brick or building material of sun-dried earth and straw; 2. a structure made of adobe bricks; 3. a heavy clay used in making adobe bricks; broadly : alluvial or playa clay in desert or arid regions". Insomma, se ci fermassimo alla definizione del dizionario capiremmo ben poco di questo naming che ci riporta ai rossi mattoni o alle case con questi costruite. Serve allora rifarsi alla geografia dei fondatori dell'azienda: entrambi abitavano vicino a questo piccolo torrente della California chiamato appunto Adobe e divenuto il pretesto del naming dell'azienda. Resta il fatto che il significato da dizionario della parola si abbina bene a un'azienda che con i propri software complessi di elaborazione grafica ha consentito a moltissime altre persone di costruire, progettare, disegnare, impaginare ecc.