giovedì 30 agosto 2012

Ancora sul naming museale: il futuro Museo delle Culture del Mondo di Milano

Da quel che si è letto recentemente, dovrebbe andare in porto il progetto Museo delle Culture del Mondo - Città delle Culture nell'area ex-Ansaldo di Milano. Il nuovo spazio, firmato dall'architetto David Chipperfield, è stato protagonista dei soliti su e giù legati alla politica italiana. Ora però sembra pronto ad avviarsi al taglio del nastro. Si ripresenta, come in passato su queste pagine, l'occasione e l'opportunità di riflettere sul naming museale: quale nome è opportuno e giusto dare a un nuovo museo? A maggior ragione oggi, quando i musei sono prodotti considerati fondamentali nelle urbanistiche della contemporaneità e grimaldelli importanti per aprire la strada al rilancio di determinate aree, come si deve avvicinare la scelta strategia di un nuovo nome, il quale poi viaggia accanto a nomi del passato urbano di una data città, com'è questo caso, dove leggerete spesso "ex-Ansaldo"?

Nel precedente post dedicato al naming dei musei (d'arte), lamentavo una certa facilità all'acronimo, una tendenza dilagante, che poi sfociava in un grande mare di nomi di musei inizianti tutti per MA-. Non so se Città delle Culture/Museo delle Culture siano denominazioni definitive, la realtà è che di questo "bambino nel grembo" della più grande città italiana settentrionale si parla e si scrive proprio in questi termini. Riflettevo sull'opportunità, sul suono e pure sul senso di un nome come "Museo delle Culture". L'intento è abbastanza chiaro, è un nome descrittivo, per cui non lascia adito a dubbi: ci facciamo un'idea abbastanza precisa di quello che ospiterà. Però mi pare ci sia qualcosa che stride, temo la vicinanza delle parole "Museo" e "Culture"; forse il problema sta più nello statuto, in parte da rivedere, del "Museo", di qualsiasi tipo esso sia. Sembra possa crearsi un grande attrito tra ciò che atto a conservare e promuovere (museo) e ciò che, se esiste, è flusso costantemente in via di ridefinizione (culture), anche se la parola "cultura" meriterebbe un'enorme parentesi, visto che spesso è un paravento per non affrontare davvero i venti dell'oggi. Sicuramente gli operatori si saranno posti normali problematiche di branding relative a questo nuovo museo di Milano e, al di là del nome di David Chipperfield speso per la progettazione, staranno ragionando sulle più opportune strategie di verbal branding e naming per questa struttura. A loro vanno naturalmente i migliori auguri di buon lavoro.

sabato 25 agosto 2012

Il naming in meteorologia

Tempo fa feci a meno di scrivere sul naming degli uragani, anche se l'argomento era all'ordine del giorno e forse meritava un post. Dopo una simile estate, dove la mitologia s'è fatta meteorologia, qualche breve appunto sul tema del naming in meteorologia va fatto.
Dare un nome alle ondate di calore ha senso perché forse agevola la comunicazione, consente paragoni, più facili archiviazioni, statistiche e comparazioni a distanza di anni. Ma soprattutto il naming in meteorologia è stato ampiamente abbracciato dal giornalismo. L'ho già scritto, parlando di "naming delle notizie": la notizia è una merce tra le altre, anche se delicata, con uno statuto proprio e peculiare (almeno nella teoria). E per vendere un prodotto-notizia potenzialmente "vuota" come il caldo o il freddo, disporre di alcuni nomi-brand può essere un vero e proprio aiuto. Tutto questo si inquadra poi dentro una cornice del tutto peculiare di grande, a volte incomprensibile, interesse per il meteo. App per cellulare, siti che spopolano con picchi di traffico inimmaginabili, discorsi d'ufficio sul meteo anche quando ci attende un weekend indoor. Se ci pensate, c'è qualcosa che non va in tutto questo strano interesse per il meteo, che poi è un interesse frammentato, da bar (come spesso è stato anche in passato), rigorosamente concentrato sull'oggi e che non lascia spiragli a un interesse per l'evoluzione meteo e climatica nel lungo-lunghissimo periodo. In questo quadro, un nome come "Caronte" aiuta a vendere meglio il prodotto-notizia relativa al meteo. Allora sembra quasi di poterlo domare questo caldo dal nome di "Caronte", fa forse meno paura se conosciamo almeno il suo nome, il suo volto, "dimonio, con occhi di bragia".

sabato 18 agosto 2012

Giallo, il canale tv con un nome che (finalmente) posiziona

In altre occasioni mi è capitato di parlare del naming dei canali tv. Dopo l'avvento del digitale terrestre, nominare un nuovo canale è stata un'operazione frequente. Sugli esiti e sui risultati di queste operazioni di naming si potrebbe discutere a lungo, come del resto sulle linee editoriali e sui palinsesti a dir poco fiacchi. Probabilmente naming e linea editoriale specchiano spesso lo stesso vuoto d'idee e progettuale. Diverso il caso di un canale tematico apertamente dedicato al giallo d'autore e denominato semplicemente ed efficacemente Giallo. Scelta interessante, innanzitutto perché non mi risulta che un colore avesse mai tenuto a battesimo un canale tv, secondo perché posiziona perfettamente il palinsesto e l'offerta del canale e infine perché il colore in sé è spesso una semplicissima ma efficacissima leva di marketing, soprattutto per il lancio di nuovi prodotti. Vi siete mai chiesti perché dei nuovi modelli di auto siano spesso presentati negli spot di lancio con colori davvero strani, che poi difficilmente ritroverete per la strada? Un colore posiziona efficacemente dentro la testa, rende riconoscibili, agisce sulla memoria. Così è anche il caso del particolare tono di giallo di Giallo...

sabato 11 agosto 2012

Singolare e plurale nei nomi di marca e prodotto

Quanti prodotti hanno un nome al plurale? Pensate ai biscotti, come quelli a fianco. Se chi mi sta davanti ha la confezione in mano, certamente chiederei "Mi allunghi per cortesia una campagnola?". Il nome di marca e prodotto dovrebbe tuttavia essere unico, inconfondibile. Dovrebbe essere quindi invariabile? Sempre al singolare o sempre al plurale? Lo notiamo da quest'esempio: esiste ancora una questione aperta su singolare/plurale dei nomi di marca, anche se non mi risulta che molta attenzione vi sia stata dedicata. Per le merendine Fiesta, ad esempio, hanno adottato un nome al singolare e difficilmente sentirete dire: "Oggi pomeriggio ho fatto merenda con due Fieste". Più probabile che il parlante dica: "Ho fatto merenda con due Fiesta". Spesso si ricorre al nome al plurare nel settore del food perché si rinvia al fatto che dentro la confezione c'è una pluralità di oggetti x. Sono allora le diverse quantità di biscotti e/o merendine presenti dentro una confezione a far propendere per la scelta di un nome al singolare o al plurale? Ad esempio, pensate ai ghiaccioli Polaretti per i bambini più piccoli. Vostro figlio vi chiederà: "Per favore, posso mangiare un Polaretto?". A mio avviso, quella di singolare vs plurale nei nomi è una questione non del tutto risolta. Gli esempi che ho fatto sembrerebbero supportare la tesi che è sempre consigliabile l'adozione di un nome al singolare. Provate però a pensare a cosa sarebbe l'universo dei nomi dei biscotti se improvvisamente nella confezione si leggesse "Krumiro". Qualcosa non vi quadrerebbe, c'è una certa aspettativa di nomi al plurale. Qualcuno potrebbe obbiettare che nel caso della foto, per esempio, i veri brand sono Barilla e Mulino Bianco, eppure vi invito a pensare che il brand sia anche "Campagnole", un nome plurale quindi costretto talvolta a "singolarizzarsi", soprattutto nel parlato (e un nome di marca vive anche nel parlato, non solo nello scritto o in un logo, diventa un fattore sociolinguistico quando entra nel discorso). Un brand come Mikado allora, tanto per non cambiare settore merceologico, beneficia dell'invariabilità tra singolare e plurale. Ho volutamente esagerato per portare il ragionamento alle estreme conseguenze, ma vi inviterei comunque a riflettere sull'opportunità di un'adozione di un nome al singolare o al plurale nelle vostre operazioni di naming, a maggior ragione se non disponete di un brand come Barilla/Mulino Bianco che, in fin dei conti, il naming in Italia l'ha quasi inventato!

giovedì 2 agosto 2012

Mtv cambia formula (e il nome è pronto ad aiutare)

Recentemente sono apparse alcune notizie riguardanti il cambio di passo in vista per Mtv. Il canale non è in ottima salute e allora si cambia formula. Fin qui nulla di nuovo, se non il fatto che un canale in passato molto seguito, da un target molto specifico e con una connotazione forte non sarà più 100% music driven. In effetti, a fare un'analisi rapida, per i video musicali la storia è cambiata, la fruizione su Youtube ha forse contribuito a dare una spallata al canale che ha accompagnato, più di altri, le giornate di molti giovani oggi meno giovani. (Da amante di certi videoclip poi mi sento di dire che il livello si è deteriorato - così mi pare - e non vedo più certe pillole che erano concentrati di poesia, filosofia e fotografia.) Sono cambiate tante cose, questo è chiaro a tutti. Cambierà quindi la formula. In un un blog del genere, potrebbe essere lecito chiedersi se cambierà anche il nome, dal momento che la musica non sarà più il solo grande ingrediente. Questo ancora non lo sappiamo con certezza, ma è lecito pensare che il nome rimarrà in futuro tale e quale. In fin dei conti il brand name Mtv, che notoriamente sta per Music Television, potrebbe essere benissimo un nome che si presta allo stretching del brand, proprio in virtù del fatto che la parola Music non è più parte integrante del nome. Il valore iconico di quella M gigante è poi fuori di dubbio per il target giovane sul quale la direzione continua a puntare. Si tratta di un esempio di un nome che non si ritrova in potenziale conflitto con operazioni di stretching/extension della gamma prodotti (in questo caso trattasi di prodotti editoriali televisivi, di un palinsesto). La migrazione annunciata per Mtv quindi può benissimo far leva su un brand storico, consilidato, su un nome "libero", pronto ad essere riposizionato su un nuovo territorio. Staremo a vedere, a sentire.