venerdì 1 marzo 2013

Origine del nome di marca Haribo

Spesso i nomi che popolano le nostre giornate hanno origini sconosciute. Si è perso di vista perché una marca ha quel determinato nome e non un altro (e diciamocelo, agli addetti del marketing spesso fa gioco celare l'origine di un nome). Un nome nasce e nasceva spesso da uno sforzo di immaginazione che poi l'uso e l'advertising, attraverso i decenni, disperdeva, trasformando la parola-nome in qualcosa di familiare, fino a farla vivere come qualcosa di pienamente autonomo e sganciato dalle origini. Incomincio oggi una snella rubrica del blog volta a portare a galla le origini di determinati brand names, possibilmente vitali ancor oggi (ma potrebbe esser interessante anche ripescare brand names scomparsi o in attesa di rivitalizzazione, come spesso accade). Ricordare l'origine di un naming è qualcosa che ho già fatto (penso ad esempio al post su Schweppes), ma da ora inizio a farlo all'interno di questa rubrica un po' più sistematicamente. Detto fra noi, non è nemmeno un gran momento per il naming, almeno così mi pare (poca visione, pochi investimenti, poco coraggio, pochi nomi nuovi sui quali valga la pena spendere qualche ragionamento, forse anche perché c'è un alto tasso di natalità e mortalità di nomi e non abbiamo nemmeno il tempo per accorgerci di quel che ci passa sotto il naso). Meglio curiosare indietro, consapevoli che in fondo un nome è un segno che le aziende hanno creato e gestito all'interno della vita della marca e quindi nel tempo. Questi post potranno costituire l'occasione per divagare attorno al brand name scelto o per allargarsi alle strategie di marca, in limitati casi, sempre restando brevi. L'obbiettivo principale però sarà scoprire assieme l'arcano che sta dietro a dei segni che sono diventati parole delle nostre giornate.


Quando entri in certi alberghi trovi sul comodino o sul cuscino il sacchettino minuscolo di caramelle. In Germania queste sono rigorosamente Haribo. Un segno di benvenuto, non solo per i bambini (coerentemente con lo slogan storico). La cosa più curiosa è stato trovare un distributore di caramelle Haribo dentro un negozio ultraspecializzato di prodotti per skaters e skateparks in una località Svizzera. Lì ho capito che la caramella gommosa era diventata un tic "virale" tra gli adolescenti che amavano andare con lo stunt scooter e costituiva l'unico genere alimentare in un negozio che vendeva soltanto monopattini, rotelle, manopole, forcelle, grip tapes e altri pezzi di ricambio. Un tormentone insomma.

Haribo sta per Ha-ns Ri-egel Bo-nn, il nome del fondatore e il luogo di nascita di questo prodotto che ha conquistato il mondo, fino a diventare quasi sinonimo di caramella gommosa e colorata. Uno sguardo alla pagina Wikipedia dedicata al brand vi mostrerà come il celebre slogan "Haribo macht Kinder froh – und Erwachsene ebenso" (Haribo fa felici i bambini e, allo stesso modo, gli adulti) sia stato tradotto ingegnosamente in più lingue. Il nome trisillabico dona una certa cadenza e ritmo a un prodotto che va masticato, succhiato lentamente. In italiano risulta felice il finale in -bo, che richiama valori del prodotto come "bontà" ma in fondo anche la stessa "bocca". Azzeccato anche il terzetto vocalico, che nella pronuncia del nome fa aprire e chiudere la bocca con diverse ampiezze.

La domanda che mi faccio in simili casi è questa: il brand dell'orsacchiotto ha un nome che nasce in fondo da un meccanismo di acronimo forse banale e assai diffuso (anche se già la scelta di fare l'acronimo con delle sillabe e non con le sole iniziali è curiosa, innovativa e premiante) e la risultante finale è una parola rotonda e completa, che ben ha accompagnato la crescita di quest'azienda. In ultima analisi, pur rimanendo un acronimo, Haribo è un antesignano degli attuali "nomi coniati" o "di pura fantasia". Oggi come si comporterebbe un'azienda che prova a mettersi in gelatinosa concorrenza con Haribo? Mah... anzi... boh...

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