sabato 27 febbraio 2016

Il naming infelice dei "farmaci generici"

Chissà come si è imposta la dicitura "farmaci generici". A voler pensar male, uno potrebbe credere che sia stata avallata di chi farmaco generico non è. Ad ogni modo l'eziologia di un nome-etichetta non è quello che importa qui ora. La realtà è però che chi non sa che la Tachipirina è paracetamolo farà fatica a imparare nuovi nomi di farmaci equivalenti. D'accordo, ho scelto forse l'esempio più facile. Mi chiedo però: perché non si è imposta la dicitura più denotativa e meno connotativa, cioè "equivalenti"? Era così difficile favorire la dicitura "equivalenti" che comunque si trova anche nei documenti dell'agenzia del farmaco? Nelle persone più istruite ravviso ormai un certo gusto a imparare il nome di un principio attivo di un farmaco. La stessa pubblicità a volte non lesina informazioni a riguardo. Tutto questo insomma dovrebbe convergere verso uno scenario in cui la persona sa quello che compra e può comprare. Resta il fatto che vedere in farmacia dei poster che parlano di "farmaci generici" che non sono "farmaci qualsiasi" fa riflettere su quel naming-etichetta infelice per una categoria di farmaci che fa le stesse cose dei farmaci di marca. Si sa che siamo in un terreno delicato, finanziariamente importante, dove il naming e il branding hanno fatto la loro parte per decenni. Forse hanno fatto la loro parte anche in negativo, quando è stato il momento di adottare un nome-etichetta per tutta una serie di farmaci che il brand non lo avevano già costruito ma ai quali nessuno vieta di costruirlo, a partire dalla loro identità di "equivalenti" o "generici". Certo ci vorrà molto tempo e il tempo è denaro (spesso perso, in questo caso).

sabato 20 febbraio 2016

Triangolini e Tubetti: nel settore food spesso il packaging traina il naming

Guardando al settore food, una percezione abbastanza forte - tanto da farmi pensare che si potrebbe parlare ormai di vera e propria tendenza - è quella di far derivare il nome dal packaging o comunque da qualcosa che abbia a che fare strettamente col concetto di forma e design. Forse la pasta, prodotto alimentare tra i più importanti, ha un po' segnato la strada. Gli imballi della pasta sono però spesso normalissimi parallelepipedi o altrettanto normali sacchetti. Diversi i casi di due prodotti come i Triangolini Valfrutta, succhi di frutta venduti in una strana confezione piramidale, oppure dei Tubetti di Fruttolo Nestlé, yogurt venduto dentro un blister in plastica facile da aprire. Sono due esempi, tra altri che si potrebbero citare, che dimostrano una certa propensione del settore a nominare il prodotto a partire dal packaging. Questo fatto potrebbe portarci a concludere o quantomeno a ipotizzare che 1) nel settore food tradizionale l'innovazione ormai è veicolata più dai contenuti del packaging che da quelli del cibo venduto; 2) che una certa innovazione del packaging è attesa e ben accettata tanto da essere ribadita nel naming e 3) che tutto ciò è particolarmente sentito nei prodotti dedicati ai più piccoli.

sabato 13 febbraio 2016

Ateca è il nome del primo SUV di Seat

Seat propone il primo SUV della propria storia con il nome Ateca. Da quel che sono riuscito a ricostruire, in rete circolava il nome Aran, ma il nome dell'auto da poco in vendita è appunto Ateca. Probabilmente Aran non s'è potuto utilizzare (Aran ricordava molto Sharan, un modello Volkswagen). Colpisce la vicinanza al suono di Altea, nome di un'altra vettura di Seat (stessa sequenza vocalica, con la lettera "a" ad aprire e chiudere). Da un punto di vista generele Seat conferma la strada dei nomi geografici, una strada già altre volte perseguita nel "car naming", anche con qualche storpiatura (pensate alla Kia Sorento). I nomi geografici sono interessanti (i poeti ci ricordano spesso il fascino dei toponomi), anche se a volte possono risultare insidiosi, soprattutto quando il toponimo è abbastanza noto. Per evitare queste insidie si opta solitamente per nomi di località non molto conosciute (Ibiza naturalmente aveva fatto eccezione, così come Alhambra a dire il vero, mentre Tiscali è un naming geografico, da un villaggio nuragico della Sardegna). Altea e Ateca (così come Aran) sono naming geografici. Considerando il nome della piccola Mii (il modello più piccolo di Seat) e di Leon ci si chiede se la casa spagnola adotterà prima o poi una strategia di naming unificata: geografia o altri criteri. Per ora si tende non sganciarsi del tutto da un certo "iberismo" nel naming, sancito da Ibiza, il long-seller della casa automobilistica di Martorell.

sabato 6 febbraio 2016

Nomi, cognomi e immobilismo

L'altro giorno facendo zapping riflettevo su come sia abbastanza triste e segno di un certo immobilismo il fatto che il programma di divulgazione scientifica più noto sia condotto dal figlio del conduttore del programma di divulgazione scientifica un tempo più noto (ancora a bordo comunque nella redazione del programma). Niente di nuovo: in Italia le aziende e le "cordate" familiari sono una fetta consistente, se non la più grossa. Anche nell'università padri e figlie/i si contano. In politica il fenomeno è forse meno apprezzabile. La prima "coppia" che mi viene in mente, su due piedi, è Bossi padre e figlio, ma non è molto significativa. Chissà a voi quale altra "coppia" politica viene in mente. Tale scarsità del fenomeno in politica, se confermata, forse è riconducibile al fatto che nel nostro paese i politici, che fortunatamente per loro spesso godono di buona salute e vita medio-lunga, si "eternano" e lasciano la propria stirpe godere di rendite di posizione, salvaguardandola paternalisticamente dalle asperrime fatiche della vita politica. L'altro giorno però pensavo che in America dopo Bill potremmo avere Hillary e che già abbiamo avuto padre e figlio presidenti a distanza di pochi anni. E già in passato era successo, molto prima dei Bush. Insomma, guardiamoci pure attorno senza angustiarci troppo per l'Italia, e contiamo i cognomi che ritornano e se c'è qualche conclusione da trarre, proviamo pure a trarla.