lunedì 27 marzo 2017

Il naming di un nuovo esercizio commerciale

Davanti alla necessità di denominare un nuovo esercizio commerciale (anche una catena di negozi o franchising) bisogna fare i conti con una domanda chiave: andrò a citare il mio prodotto di riferimento oppure no? Se faccio pizza per asporto ci metterò dentro la parola "pizza"? Se apro una gelateria ci metterò dentro la parola "gelato"? La quasi totalità dei casi vede una risposta affermativa a questa domanda. E si capisce bene il motivo: un esercizio commerciale, come quello di una pizzeria per asporto o una gelateria, ha bisogno di identificazione immediata sul territorio e si privilegia un naming concreto, anche se spesso banale e ripetitivo (già sentito). Questo non toglie che si possa provare ogni tanto a osare e spingersi con qualche soluzione che vada oltre un classico "Gelatomania" o "Pazzi per la pizza" pur rimanendo sui binari della concretezza. Ho scelto appositamente due tra le più diffuse attività commerciali, due tipologie di esercizio che aprono e chiudono con grande intensità. Vorrei però portare due esempi nell'ambito delle pizzerie per asporto e si tratta di due "catene" o "franchising". Il fatto che siano catene o franchising già implica che c'è forse stata una riflessione maggiore e più consapevole al momento del lancio che denota la consapevolezza della possibilità di diventare brand, se non altro a livello di un territorio circoscritto. La prima denominazione è "Pizzevia" e, nella sua semplicità, unisce il prodotto e il concetto di asporto, creando una parola-nome quasi identica a "pizzeria". La seconda è "Pizzalonga away". Quest'ultimo è un esempio interessante soprattutto per la cura mostrata nella scelta del nome di dominio: per evitare l'incontro di due vocali nel nome di dominio si è optato per "pizzalongaway.it" creando un'espressione che dice in sostanza, in inglese, "alla maniera di Pizzalonga".

lunedì 20 marzo 2017

Cibo e design: l'esempio di Cheestrings da Yomino

Mi è capitato altre volte di far notare come nel settore food, spesso racchiuso nell'etichetta food&beverage, l'aspetto legato al design, alla forma, alla funzionalità del packaging prenda il sopravvento in fase di denominazione di un prodotto. Si tratta di un procedimento interessante, che avvicina curiosamente due mondi, quello del cibo a quello del design, che a ben vedere hanno sempre mostrato di far incrociare le strade della forma con quelle della denominazione, anche per prodotti che non sarebbero finiti sugli scaffali o nei banchi frigo dei supermercati. Nel tempo mi sono preoccupato di dare con una certa frequenza qualche nuovo esempio di questa che penso si possa oramai definire una tendenza conclamata e trasversale, in più paesi e culture. Un ultimo esempio in questo senso può essere rappresentato dal prodotto Cheestrings proposto nel mercato italiano da Yomino a un'utenza particolarmente giovane. La denominazione è composta, ottenuta con l'elisione della "e" di "cheese". Il pack personifica il prodotto mediante la creazione di un personaggio dalla testa formata da corde di formaggio.

sabato 11 marzo 2017

La nave di Teseo come esempio di naming editoriale recente

Nonostante i rivolgimenti, le fusioni, le acquisizioni e i conseguenti passaggi di mano e nonostante persino qualche fallimento che ha lasciato dei buchi, il panorama dei nomi delle case editrici italiane rimane saldamente novecentesco. In quel secolo si sono infatti consolidati i marchi editoriali che tuttora troviamo più facilmente quando camminiamo tra gli scaffali di una libreria di mattoni o navighiamo tra quelli di una libreria virtuale. I marchi editoriali recenti e con una discreta visibilità in libreria non sono moltissimi (anni fa se n'era affacciato uno con buona visibilità, Isbn edizioni, ma è appunto anche scomparso). Ora, se devo pensare a marchi apparsi di recente e con una buona visibilità, penso ad esempio a NN Editore, che deve buona parte della sua visibilità a un autore come Kent Haruf, e a La nave di Teseo, la casa editrice guidata da Elisabetta Sgarbi, che ha tratto in salvo parte del "pacchetto autori" che apparteneva a Bompiani prima del passaggio di questa a Giunti e che sicuramente presenta già un catalogo articolato con una buona visibilità in libreria. Il nome La nave di Teseo è un "classico" esempio di naming mitologico, che da un lato sembra accompagnare l'azione di traghettamento che ha segnato la prima fase di vita di questa casa editrice e dall'altro si presta ad assecondare le future navigazioni del catalogo (rimanda inoltre al "paradosso della nave di Teseo", di cui potete leggere qualcosa qui). I naming riconducibili alla mitologia, come noto a chi si interessa di nomi di marca, sono tra quelli più antichi e quello dei miti è un bacino che viene continuamente rispolverato per nuovi attingimenti.

lunedì 6 marzo 2017

Il nome di un festival culturale

Se c'è un "settore" che in qualche modo ancora tira, questo è quello dei festival. Probabilmente l'apice è stato raggiunto, ma possiamo notare che c'è ancora una qualche parvenza di fermento. In questo post mi propongo di analizzare assai brevemente le direttive di sviluppo più significative lungo le quali si orientano le scelte di naming per i festival culturali. Uno degli aspetti che balza all'occhio è quello della "materia". Esiste infatti il festival di filosofia, di diritto, di economia o il Festivaletteratura. A questi si associa una località, ma non nel naming stesso. Credo possa essere questa appena citata la prima tendenza raggruppabile, un modo di denominare che ricalca quasi una struttura universitaria e positivistica dei saperi. Poi possiamo individuare un nutrito gruppo di festival che si propone di mettere in chiaro la località che lo ospita sin dal nome (Pisa Book Festival, Pordenonelegge, Umbria Jazz o il Mesthriller di Mestre). Chiaramente qui si cerca di creare sin dal nome un legame forte tra festival e territorio. Ci sono poi esempi di denominazioni curiose, giochi di parole come CaLibro o Letteraltura, due festival letterari e del libro che rimandano da un lato al càlibro e nell'altro alla letteratura di montagna, esplorazione e avventura. Ci sono poi esempi come Sabir Fest per il quale rimando al significato della stessa parola "sabir" e che ben si accorda a un festival dedicato al Mediterraneo, pur senza nominare il Mediterraneo (che compare solo nel sottotitolo e nella descrizione del festival). Ognuna di queste scelte può corrispondere a una volontà precisa e ognuna può presentare vantaggi e svantaggi (ad esempio non sarà facile esportare come format un brand di un festival che ha una forte componente geografica nel nome). Ad ogni modo è curioso continuare a monitorare i naming di questi prodotti culturali.