venerdì 14 dicembre 2018

Yoyo, il tubo di Fitt per l'irrigazione che si allunga e si accorcia da solo

Fitt è un'azienda di Sandrigo (Vicenza) di primaria importanza nelle soluzioni di trasporto dei liquidi. Qualcuno potrebbe ridurre tutto ai minimi termini e parlare di tubi e in effetti l'azienda anche di questi si occupa, tuttavia vorrei far notare ancora una volta come sia corretto enucleare la cosiddetta mission di un'azienda in base ai bisogni pressoché immutabili del mercato e non in base a una soluzione tecnica (o di design) particolare. Detto diversamente, in questo caso specifico, il bisogno di trasportare liquidi esiste da sempre e si presume che sempre esisterà, le soluzioni che invece si possono trovare per trasportare i liquidi possono variare nel corso dei decenni o dei secoli. E anche se è difficile immaginare qualcosa che non rimandi sempre e comunque a un'idea di "tubo", è giusto che nella mission la parola "tubo" non compaia. E proprio a questo riguardo torna utile l'esempio di Yoyo, innovativo prodotto di Fitt sviluppato per l'utenza residenziale e il giardinaggio. L'azienda vicentina è chiaramente attiva nel mercato B2B, cioè vende ad altre aziende che utilizzano le sue soluzioni, ma è anche attiva nel mercato che coinvolge il consumatore finale che può acquistare i prodotti Fitt in una qualsiasi ferramenta o su Amazon (i negozi di ferramenta, senza innescare disquisizioni su Amazon, restano posti bellissimi). Per il tubo flessibile Yoyo l'azienda ha studiato un product naming e quindi un brand dedicato "by Fitt". Il nome evoca simpatia, facilità d'utilizzo, rapidità. È breve e universalmente riconoscibile. Inoltre si riverisce alla riavvolgibilità dello yoyo, ripresa graficamente anche nel logo. Credo si sia pensato all'effetto ottico degli yoyo quando è stato scelto questo naming. La promessa di questo tubo, la sua USP (Unique Selling Proposition), è infatti "Si allunga e si accorcia da solo". Di seguito un video per chi è curioso di vederlo all'opera.


lunedì 3 dicembre 2018

Qapla', il nome del "miglior amico delle tue spedizioni" dalla lingua klingon di "Star Trek"

Con lo sviluppo della vendita online a molteplici livelli (pensiamo anche ai seller di Amazon), è sotto gli occhi di tutti lo sviluppo e il necessario potenziamento del comparto di logistica e spedizioni, vero e proprio cuore (e terminale) di un flusso di lavoro talvolta complicato e non privo di grattacapi. Saper gestire le spedizioni in modo oculato significa moltissimo: tempi, soddisfazione del cliente, controllo della gestione, minor impatti sui resi, marginalità. Insomma, non occorre dilungarsi molto per comprendere che, con lo sviluppo delle vendite su Internet, il tema spedizioni è diventato un tema essenziale, se non il tema vero e proprio (pensiamo ai droni di Amazon, tanto per fare un esempio che all'inizio pareva una provocazione). In tale scenario merita menzione Qapla', scritto con apostrofo-accento, in modo assai "informatico" (apostrofo che diventa farfallina nel logo). Cosa fa Qapla'? Dal sito, ecco la risposta: "Qapla' è un sistema integrato che permette di gestire le spedizioni dalla stampa dell'etichetta, fino alla notifica di consegna. Il monitoraggio continuo da al Customer Care il controllo su tutti i corrieri utilizzati. Le comunicazioni sulle consegne sono così sempre puntuali e precise." Il tutto è nato quattro anni fa dall’esigenza di alcuni eCommerce che volevano automatizzare il processo di notifica e di monitoraggio delle spedizioni. Poco importa poi se si voglia integrare Qapla' con Amazon, Magento, PrestaShop, Smarty, Shopify, ebay, woocommerce o con altre diffuse soluzioni per l'ecommerce. Supporta e tiene a sistema più di 80 corrieri. Il progetto è talmente interessante che viene facile divagare, ma dobbiamo tornare al nostro naming. Ecco, innanzitutto a me sembra che Qapla' sia un naming notevolmente originale, che trasmette prontezza, efficienza, rapidità, tutti valori in sintonia con il servizio offerto. Sembra una fusione degli avverbi "qua" e "là", indicanti i punti di partenza e arrivo di una spedizione. Ma la parola-nome da dove viene? Si tratta di un lessema di lingua klingon, la lingua inventata della serie "Star Trek", che prevede il termine "qapla'" per significare "successo". Anche qui, anzi, anche qua, nomen omen.

venerdì 23 novembre 2018

Uno sguardo alle nuove auto 2018 e 2019 e la constatazione di una predilezione per i nomi alfanumerici

INFINITI QX50
Ancora car naming come argomento. Si sa che nominare una macchina è stato spesso il sogno di qualsiasi agenzia specializzata di naming, vuoi per il prestigio, vuoi per i budget messi in campo dalle case automobilistiche per queste operazioni. Eppure, a uno sguardo sorvolante sul panorama delle auto in uscita in questo biennio 2018-2019, a questo link per esempio, viene da trarre una conclusione non confortante per le agenzie di naming: sembra sempre più che le case automobilistiche si arrangino a nominare i nuovi prodotti immessi sul mercato. L'abbondanza di nomi alfanumerici lascia infatti pensare che non si ricorra a strutture specializzate per la fase creativa. Probabilmente si ricorrerà a strutture specializzate per le verifiche legali attorno al nome da adottare, ma verosimilmente la fase creativa è già tutta in un numero o in una serie alfanumerica progressiva e stabilita. Quando questo non succede ci sono poi i lanci di nuove vetture con naming già consolidati (ad esempio la nuova Toyota Corolla, che "discontinuerà", secondo il curioso verbo usato nel sito toyota.it, la denominazione Auris). Al di là delle considerazioni che si possono fare per le casse delle agenzie di naming, qui viene da intraprendere un ragionamento più articolato sul perché ci sia questo ritorno ai naming alfanumerici. Si tratta di una tendenza già insita nella storia del car naming e pare di essere ora in una fase storica in cui questa tendenza torna a galla. Ad un livello generale si può constatare che un naming alfanumerico tende a cementare l'immagine del brand principale, mentre un naming non alfanumerico tende a "personalizzare" maggiormente un singolo prodotto. Voglio dire che se Citroën è ricorsa per una periodo a nomi come C1, C2, C3, C4, come ha fatto Audi, ha inevitabilmente dato una spinta e lustro al brand principale (Citroën), conferendo tuttavia una personalità distinta ai singoli modelli. Si tratta di scelte, spesso anche ondivaghe, che possono seguire sia nuovi corsi di design o ingegneria sia mode. L'unica cosa che ci resta da fare è seguirle e distinguerne gli andamenti.

domenica 11 novembre 2018

I grissini Sgranocchi: il nome è un verbo, ma diventa simile a un sostantivo al plurale

Sono molto buoni questi grissini. Lo so che questa informazione (un parere) c'entra ben poco con l'interesse che muove questo blog, però almeno sapete da dove vengono gli spunti e gli spuntini a volte. Osservando la confezione mi dicevo che "Sgranocchi", il nome del prodotto, è seconda persona singolare indicativo presente del verbo "sgranocchiare". Eppure in questo naming non è fondamentale rilevare questo, bensì contemplare l'effetto plurale che il naming conferisce, come se "Sgranocchi" fosse plurale di "Sgranocchio", in un universo di nomi, quello di molti prodotti del Mulino Bianco, che prevede quasi sempre il naming al plurale. Questo dato ci suggerisce una riflessione: non è importante solo il naming di un dato prodotto in sé, bensì il nome di quel prodotto all'interno dell'universo nominale della marca di cui quel prodotto rappresenta una porzione. Insomma, il naming di questi grissini è un verbo, ma nella confezione poi assomiglia più a un sostantivo inventato. Al plurale.

giovedì 1 novembre 2018

Nidoma e la valutazione e compravendita dei nomi di dominio


Lo sapevate che il dominio baby.it oppure tic.it oppure pausa.it oppure mood.it sono attualmente in vendita? E che audiolibro.it è stato venduto? Per farsi un'idea del prezzo dei domini in vendita potete andare sul sito Nidoma che offre questo genere di servizio e marketplace. Sono cose note: un prodotto, una nuova azienda, un brand dedicato, un sito di ecommerce hanno bisogno per prima cosa di un dominio dove stare e la parola o espressione che forma il dominio è la prima chiave per un buon orientamento, indicizzazione e posizionamento, insomma la buona base di partenza per la vita sul web. È curioso spulciare siti come Nidoma, ci si fa un'idea di quanto può costare una data parola o espressione associata a un .it o un .com o un .org. Poi chiaro che il sogno di tanti è trovare un nome interessante e comprare il nome di dominio per una manciata di euro, ma questo non sempre è possibile.

Come leggiamo nel sito: "Nidoma è la piattaforma che mette al centro le necessità dei domainer e offre soluzioni innovative legate alla registrazione a al domain aftermarket. Siamo esperti nei servizi di registrazione, backorder e brokeraggio domini. Grazie alla grande esperienza del nostro team e alla piattaforma innovativa di Nidoma.com siamo diventati in pochi anni punto di riferimento di domainer professionisti e di chiunque voglia trovare il giusto dominio per il proprio business. Nidoma è un brand di Namecase GmbH, un'azienda fondata nel 2011 con base a Bonn. Nel 2012 Namecase entra nel gruppo Aruba e apre la sua sede italiana a Udine." Ecco, è abbastanza chiaro come un registrar di domini possa nella sua vita avere a che fare tangenzialmente (ma neanche tanto tangezialmente, a ben vedere) con aspetti che riguardano, in ultima istanza, il nostro naming.

E il nome Nidoma stesso? È davvero interessante perché ricorda il nominare e i domini al tempo stesso. Un bel trisillabico chiaro e secco, in grado di posizionare (e tra l'altro, lo stesso naming di Aruba al quale è legato, a suo tempo fece epoca).

martedì 16 ottobre 2018

L'Accademia della Crusca fa il naming della nuova astronomia

Le scienze si trovano assai frequentemente davanti alla necessità di nominare quello che scoprono o quello che diventano. Si tratta di un momento delicato, che meriterebbe uno studio a parte, perché davvero si potrebbero scoprire modi e consuetudini del nominare che aiutano a illuminare lo stesso percorso della scienza. Il naming nelle scienze non è insomma così irrilevante e la stessa filosofia del linguaggio si interroga su aspetti sostanzialmente afferenti a questa sfera di discorsi. Nel secolo scorso, ad esempio, il proliferare di particelle scoperte dalla fisica fece sì che talvolta fosse difficile persino per gli stessi scienziati ricordare il nome di tutte. Diverso - e lungimirante - è il caso dell'Istitituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) che, come leggiamo in questo articolo di Ansa, ha interpellato l'Accademia della Crusca per trovare un nome corretto alla cosiddetta "nuova astronomia". Se finora era stata chiamata "astronomia multimessaggero" o "multi-messaggio", calco dall'espressione inglese "multimessenger astronomy", ora la versione scelta dall'Accademia della Crusca è quella al femminile, ossia "astronomia multimessaggera": piccolo intervento ma grande torsione e spostamento di visione che dimostrano senso della lingua e dell'incarico conferito. Non sempre a un incarico si deve rispondere con proposte strabilianti (succede questo anche con i restyling di certi loghi, se ci pensiamo bene). Del resto, in fin dei conti, "astronomia" è sostantivo femminile. Il motivo dell'operazione è anche legato alle ricorrenze: un anno fa si registrava la nascita della nuova astronomia "con l'annuncio di una collisione fra due stelle di neutroni, gli oggetti più densi dell'universo, osservata con una combinazione di onde gravitazionali e fotoni" ossia un'astronomia che si fonda su osservazione e interpretazione coordinata di diversi tipi di segnali "messaggeri". Il nuovo nome italiano arriva col primo anniversario: buon compleanno.

martedì 9 ottobre 2018

Il nome del ghiacciolo "Pirulo"

Lo so, l'estate è passata e con lei anche il tempo dei ghiaccioli. Però l'altro giorno, davanti a quei cartelli in metallo coi gelati che si trovano appesi fuori dai bar, mi è venuto da riflettere attorno al nome "Pirulo", lo stecco-ghiacciolo di Motta/Nestlé. Mi sembra che la parola "pirulo" sia ancora in uso nella regione in cui abito per identificare un oggetto non meglio identificato che ricorda, nella forma stretta e lunga, il ghiacciolo ritratto qui a lato. Forse quando ero piccolo mia zia usava questa parola o una molto simile per indicare il "pisellino" o un protuberanza stretta e lunga, ma non ricordo bene. Mi domandavo innanzitutto se "pirulo" è parola almeno vagamente italiana. Il dizionario Garzanti online mi avvisa che "pirolo", non "pirulo", può significare "1. (region. sett.) piccola manopola, levetta ecc. per azionare o regolare un congegno; 2. (region. sett.) piolo; 3. (mus.) bischero dim. pirolino". La "u" al posto della "o" fa simpatia? Ricorda Sbirulino? Ho fatto altre ricerche. Ad esempio il dizionario spagnolo alla voce "pirulí" parla di "lecca lecca". Siamo in zona: ghiaccioli e lecca lecca si assomigliano. In altri dizionari online, dove si ricordano anche slang e significati gergali, "pirulo" sembra prendere significati più vicini a quello che le mie tracce di memoria, perlopiù dialettali, richiamavano. Insomma, è curioso perdersi anche in queste incertezze tra naming, lingue e dialetti.

martedì 2 ottobre 2018

Il naming PHYD per The Adecco Group Italy: tra PHYSICAL e DIGITAL

Di Francesca Melli, BRAND ANGEL e del relativo operato nell'ambito del verbal branding e del naming abbiamo già parlato in un'intervista di qualche tempo fa. Oggi Francesca mi manda questo interessante comunicato che riporto in seguito. Illustra un recentissimo lavoro di naming e identità visiva per una piattaforma ideata da The Adecco Group Italy in partnership con Microsoft. Buona lettura.

Comunicato stampa

LA SFIDA
Dare un nome e un’identità visiva alla piattaforma ideata da The Adecco Group Italy in partnership con Microsoft. L’iniziativa è parte integrante del progetto di Microsoft “Ambizione Italia”, che ha l’obiettivo di aiutare 2 milioni di giovani e professionisti a sviluppare le competenze necessarie a entrare o rientrare nel mondo del lavoro. L’intelligenza artificiale è l’elemento cardine del progetto, che conta su un investimento di 100 milioni di euro ed è stato presentato ufficialmente il 28 settembre.

IL NOME DI UN LUOGO-NON LUOGO
La piattaforma sviluppata sarà un luogo fisico e digitale al tempo stesso, un luogo-non luogo in cui tracciare la mappa delle proprie skill e stabilire come incrementarle rispetto al percorso professionale che si intende perseguire.

LA FLUIDITÀ COME POSIZIONAMENTO STRATEGICO
Il posizionamento strategico tracciato dopo l’analisi del mercato e la definizione dei valori distintivi del nuovo brand afferma che: ”PHYD è lo spazio fluido delle idee, della condivisione, dell’apprendimento e del lavoro. Un luogo in cui digitale e fisico si fondono per creare un’esperienza circolare, inedita, sempre differente e proiettata al futuro”.

IL BRAND NAME
PHYD nasce dalla crasi tra PHYSICAL e DIGITAL e, nel suono fluido delle sue quattro lettere, esprime una dimensione che non c’era, che passa con naturalezza dallo spazio fisico a quello digitale, collegandoli e potenziandoli. Il suono, inoltre, suggerisce anche il concetto di FEED, termine che esprime sia l’idea di “nutrimento” sia quella di “aggiornamento”.

LA BRAND IDENTITY
Il segno gioca sulla doppia natura di PHYD, sul suo essere cioè immateriale e reale, e proietta l’immagine di un muro che può essere letto anche come un video.
Il segno dà solidità alla composizione, ma non la chiude, al contrario la trasforma, permettendole di declinarsi in modi diversi.
La tavolozza dei colori è vibrante e comprende tinte dalla personalità determinata.

IL RISULTATO
Il nome e la brand identity di PHYD fanno emergere il marchio dalle sigle delle varie Factories e dei Think Tank già esistenti, sottolineandone la novità e l’unicità.

Milano, 2 ottobre 2018

sabato 29 settembre 2018

Il naming di The Hoop, agenzia integrata di comunicazione, marketing e fotografia. Un'intervista


Come si può leggere a lato, tra le varie collaborazioni di alce naming, c'è quella con l'agenzia di comunicazione The Hoop. Le risposte all'intervista che segue ripercorrono sinteticamente le tappe di questa collaborazione e di questa scelta.


- Per quale motivo avete deciso di "risolvere in esterno" la questione del naming di una nuova agenzia integrata di comunicazione?
Lesigenza è nata per limpossibilità di dare il giusto tempo alla scelta del nome, che ritenevamo comunque prioritaria, poiché totalmente assorbiti dalle pratiche e dai lavori per lavviamento della nostra nuova realtà. Agevolati dal fatto di conoscere personalmente Alberto, la scelta è stata piuttosto rapida, così come la definizione del briefing, chiaro e dettagliato il più possibile per cercare di circoscrivere le possibilità e ridurre il tempo per la decisione. 

- Quali sono state le fasi più critiche del processo di scelta del nome?
Sicuramente il mettere daccordo tutti su un singolo nome! Le svariate proposte che erano state fatte, prima dellassegnazione del lavoro a un professionista, non avevano condotto a granché. Dopo, la questione principale è stata veicolare le preferenze su una scelta che soddisfasse tutti, chi più chi meno, e tracciasse una linea da seguire anche a livello comunicativo. 

- Perché ha "vinto" Hoop alla fine? Anzi, perché "The Hoop" con l'articolo determinativo?
Ha vinto Hoop perché, tra le proposte di Alberto, è stata quella che ha raccolto più consensi sia allinterno del gruppo di lavoro costituente la nuova agenzia, sia nellindagine svolta con familiari, amici e professionisti dellambiente sul gradimento dei nomi. Larticolo determinativo è stato un rafforzativo voluto dal nostro direttore creativo, che a ragione ha sostenuto che questo dettaglio differenzia dalla massa e ci consente, tra laltro, di avere un taglio più internazionale e particolare. Il sound, poi, è decisamente accattivante. Le altre proposte di Alberto che ci avevano colpito erano wok, use, brillo e jam, ciascuno per motivi diversi. Il significato di hoop è anche quello che meglio ci identifica, ovvero un circolo di professionisti, uniti sotto la stessa egida. Poi hoop è anche il canestro nello sport, una nostra passione comune 

- Avete scelto un nome dal respiro internazionale. Questo fatto sta alla base anche di una vostra visione del futuro della vostra agenzia? 
Siamo già presenti sul territorio non solo locale, lambizione a fare qualcosa di più grande e in ambito internazionale è stata discussa e posta sul piatto; qualora si presentassero delle opportunità in tal senso, un nome internazionale sicuramente ci potrà agevolare in fase di presentazione e di conoscenza. 

- Qual è il punto di vista sul naming quale servizio da offrire e eventualmente integrare nel vostro ventaglio di servizi?
Troppo spesso ci confrontiamo con aziende molto strutturate, con prodotti innovativi e comunicazione di alto livello che entrano sul mercato con nomignoli buttati qua e là, senza alcun senso Purtroppo limportanza di un nome - inteso come spiegazione, rappresentazione e titolo di un oggetto/brand - viene spesso lasciata da parte, in primo luogo per assenza di conoscenza e di stimolo su questo argomento, e in seconda battuta perché questa attività va a intaccare il budget. E spiegare la differenza tra un nome azzeccato e un nome sbagliato non è così facile, neanche per unagenzia.

martedì 25 settembre 2018

La matrice PLUS. Your naming plus


Oggi un post pratico legato alle situazioni in cui mi sono trovato coinvolto in sessioni di naming. Illustrerò la matrice PLUS.

La matrice PLUS è uno strumento proprietario che ho realizzato anni fa come facilitatore di scelta nelle situazioni in cui mi è stata chiesta una collaborazione in ambito naming (si veda anche la lista delle collaborazioni).

Serve a chi si occupa del naming in sede di presentazione finale della shortlist di nomi candidati (da 7 a 10 nomi, solitamente) al cliente. Lo strumento può e deve avere un forte potere persuasivo nei confronti del management dell’azienda. Si tratta di un espediente grafico che consente la rapida e intuitiva visualizzazione d’insieme della forza di un nome da tutti i punti di vista rilevanti ai fini del suo utilizzo. Il suo utilizzo è indicato nelle situazioni di maggiore indecisione sulla shortlist.


La matrice è composta da un quadrato il cui centro rappresenta lo zero e le cui semidiagonali, dal centro ai quatto vertici, rappresentano la totalità del punteggio realizzato da un nome candidato nei parametri P-L-U-S.


I vertici-parametri del quadrato sono meglio descritti di seguito:


Ppositioning: riflette l’adeguatezza del nome al posizionamento ricercato.

L linguistics: contempla tutti gli aspetti linguistico-semiotici, le associazioni e le evocazioni positive.
Uuse: è la spia dell’utilizzabilità di un nome da una preliminare analisi legale e di anteriorità.
Ssound: valutazione dell’impatto sonoro del nome, del suo potere evocativo e della sua memorabilità.


Nome candidato: X
Note per nome X: configurazione tipica che potrebbe presentare un nome molto descrittivo, non molto originale dal punto di vista linguistico (L) e fonico (S), ma efficace dal punto di vista (P) e assai difendibile legalmente (U). Tale denominazione forse non spiccherà, ma sarà comunque pienamente valutabile.

Nome candidato: Y
Note per nome Y: esempio di denominazione buona da tutti i punti di vista ma meno difendibile di altre dal punto di vista legale (U). Se la denominazione in questione dovesse essere (per ipotesi) tra le preferite della shortlist potrebbero essere auspicabili e necessarie ulteriori verifiche legali con il fine preciso di interpretare lo scenario legale che si potrebbe presentare.

Nome candidato: Z
Note per nome Z: esempio che potrebbe essere la situazione tipica di un nome di fantasia, di pura fonetica, magari apparentemente e inizialmente debole sul versante del posizionamento (P) ma fortemente incisivo sugli aspetti linguistici (L) e fonici (S) e sicuro dal punto di vista legale (U). Per questo si tratta di una denominazione comunque raccomandabile. Un nome del genere solitamente il posizionamento se lo crea nel tempo, con altri apparati di comunicazione, proprio perché libero, positivo, utilizzabile.

La linea bianca che congiunge i punteggi realizzati è il “diagramma di salute” di un nome candidato. Ne consegue che il nome perfetto da tutti i punti di vista (quasi impossibile da raggiungere nella realtà) presenta tale linea coincidente con il perimetro del quadrato stesso. L’utilità dello strumento è infine la valutazione della “quadratura” di un nome candidato: più la linea bianca tenderà a coincidere con il perimetro del quadrato, più saremo di fronte ad una denominazione sicura. Si tratta di un sistema che va usato con rigore perché diventa strategico nella delicata fase della ricerca della denominazione definitiva. Come detto il suo utilizzo è indicato solo nelle situazioni di maggiore indecisione sulla short-list.



© 2015 – Alberto Cellotto


martedì 18 settembre 2018

Ancora sui titoli di libri (stavolta con Andrea De Carlo)

"Il nuovo, imperdibile romanzo di Andrea De Carlo, al suo grande “debutto” con La nave di Teseo" diceva lo strillo della newsletter della casa editrice arrivata alla casella di posta. D'accordo, si capisce da come ho iniziato il post: confesso che quanto ha fatto vedere sinora questa casa editrice non mi è sembrato particolarmente interessante. Chiaramente ho letto solo qualcosa di un catalogo che è diventato in poco tempo vastissimo, ma ognuno ha delle simpatie, anche in ambito editoriale. Di De Carlo ricordo un titolo di successo, Due di due, preso e letto molti anni fa nella collana "Miti" di Mondadori. Ora, con questo Una di Luna, mi sembra che si sia fatto leva su quel successo e sulla memoria di quel titolo per dare un titolo al nuovo libro che costituisce il debutto per la casa editrice. Fin troppo evidente è la (minima) distanza tra "Due di due" e "Una di Luna". Struttura simile, con piccola variazione: "Una di Luna" si avvicina davvero a un "Una di *una". Credo che queste dinamiche si siano palesate nel momento della scelta del titolo che, come si sa, nell'ambito dell'editoria, ha sempre qualche potenziale e ricaduta sulla percezione e vendita di un libro (il titolo è il product naming dell'editoria, in fondo). Gli esempi sono molteplici e interessanti diventano anche le vicende dei titoli tradotti, ma questa è un'altra storia.

lunedì 10 settembre 2018

Epic fail o adattamento? Coca-Cola e il rebranding di Fuze Tea nella Svizzera tedesca

Un milione di franchi, a tanto ammonta il costo dell'operazione di rebranding dell'iced tea di Coca-Cola Fuze, una marca che inizia a farsi notare anche nel panorama italiano da qualche tempo, in un mercato vivace qual è quello delle bibite alternative da consumare fresche. Il punto è presto spiegato: il brand "Fuze", che intende essere una parola-nome che evoca gusto, frutta, mescolanza, così come scritto, con la lettera "z", nella Svizzera di lingua tedesca evoca le parti intime femminili. Chiaramente, in una situazione del genere, ci avviciniamo a uno dei classici casi di epic fail del naming. In questo caso però non si può però parlare di epic fail, perché il brand "Fuze" esiste da molti anni, dal 2000, e la crescita importante della marca ha attirato l'attenzione di Coca-Cola circa una decina d'anni fa, quando il colosso acquisì il brand nel suo portafoglio, già ricco di marchi. Il problema con la Svizzera di lingua tedesca si riscontra pertanto solo nel momento in cui il brand si espande e migra altrove. È più corretto quindi parlare di rebranding con adattamento (tra l'altro, secondo la pagina Wikipedia linkata sopra, il marchio "Fuse" è adottato come alternativa anche in Turchia). E la Germania? Lì quella parte intima femminile si pronuncia con la "o" e per tale motivo non si è optato per un rebranding anche in quel paese.

lunedì 3 settembre 2018

Come chiamare la carne di laboratorio ovvero il punto sulla "clean meat"

Il mondo cambia velocemente, le abitudini alimentari anche e sono spesso nel cono d'attenzione. Questo fatto comporta necessità di ridefinizione semantica anche nel mondo del business e del consumo. Abbiamo già visto il caso del "sapone non sapone", e ora anche un articolo di "Wired" pone il problema di come chiamare qualcosa che ha tutte le caratteristiche chimiche e magari organolettiche della carne ma che non è la solita "carne prodotta da macellazione" che si è soliti acquistare e consumare, insomma, la carne creata in laboratorio, la "clean meat". In questo contesto tralasciamo il punto di vista chimico, che ci dice che una porzione di carne macellata e una porzione di "clean meat" possono essere identiche e concentriamoci sull'aspetto del processo di produzione e, conseguentemente, su quello della vendita e del consumo di queste due diverse porzioni. Qui, come sempre, starà il nostro accento e il nostro punto di vista. Si tratta di qualcosa di curioso: il linguaggio ordinario deve inventare il nome che non esiste, sostituendosi a qualcosa di ben sedimentato nell'immaginario alimentare mondiale (deve inventare una product category). In questo scenario chi primo arriva potrebbe inventare il brand che dà il nome alla nuova categoria merceologica, come è successo tante volte con prodotti innovativi. Ma qui ci stiamo avvicinando a un problema che sembra più sostanziale e generalizzato: se da sempre la carne è carne, come chiamare qualcosa che può essere chimicamente e magari anche dal punto di vista organolettico identico alla carne ma che è stato prodotto senza l'uccisione di animali? Nella foto accanto, un recente libro di Paul Shapiro intitolato Clean Meat: How Growing Meat Without Animals Will Revolutionize Dinner and the World che affronta proprio questo tema al quale abbiamo accennato. Il punto è se si imporrà la dicitura "clean meat" oppure se assisteremo all'affermarsi di una nuova dicitura per la categoria di prodotto, che inevitabilmente diventerà una sorta di brand.

giovedì 16 agosto 2018

DAZN e l'importanza della pronuncia del nome

"DAZN is the world's first truly dedicated live sports streaming service. Available on Smart TV, mobile devices & more." Questo in sostanza il servizio di cui gli sportivi sentono parlare da tempo, nelle pubblicità di aeroporti, in TV, su web. Lo spot che gira in questi giorni indugia sulla pronuncia. Si può dire che è uno spot costruito attorno al naming e alla sua pronuncia. È probabile che, nel lanciare questo servizio in paesi come l'Italia, quelli di DAZN si siano posti il problema di un nome così ostico, con quell'incontro di consonanti difficile alla fine, Z+N. Per togliersi ogni dubbio guardiamo il video dello spot, con Paolo Maldini che viene puntualmente istruito. Questo esempio ribadisce la fondamentale questione della pronuncia di un nome, tanto fondamentale che si può pensare di costruirci attorno uno spot (e non è certo la prima volta che questo accade).


lunedì 6 agosto 2018

I naming delle tecnologie e dei concetti: un esempio tra le auto con Peugeot i-Cockpit®

Nel settore automobilistico i differenti aspetti del fondamentale (e spesso decisivo) tema del design si dividono tra esterni e interni. Chi disegna la linea esterna dell'automobile dà un contributo notevole al successo del modello. Anche gli interni sono comunque importanti: in fondo le nostre auto le viviamo più dall'interno, anche se ci preoccupiamo di quale aspetto (e sopratutto colore!) hanno all'esterno. Nelle stesse aziende automobilistiche, le diverse funzioni "stile" si dividono tra interni e esterni. Non è detto che gli interni siano meno importanti nel successo di una vettura. In un'ottica di "experience" tutto è determinante in ciò che va a definire l'esperienza del cliente. ln casa Peugeot, ad esempio, già da qualche tempo è il concetto di i-Cockpit® a tenere banco. Si tratta di un nuovo concetto di abitacolo formato da volante compatto, head-up display e ampio touch screen, ciò che per la casa francese costituisce un mix equilibrato per un comfort di guida ottimale. Questo tipo di tecnologia o sistema di guida ha ricevuto il proprio naming e punta a essere un brand nel brand, distintivo dell'esperienza di guida Peugeot. Ogni casa costruttrice infatti lancia diversi brand assieme ai propri modelli di auto. Il caso di Peugeot, da un punto di vista di naming, è curioso perché se da un lato strizza l'occhio all'aviazione (cockpit è la cabina di pilotaggio) dall'altro vuole strizzare l'altro occhio al mondo digitale e a Apple in particolar modo, vista la presenza di "i-" prima di "Cockpit".

lunedì 23 luglio 2018

FICO, fabbrica italiana contadina a Bologna

FICO è un acronimo e fino a qui non c'è molto di nuovo: gli acronimi furoreggiano, non solo nel mondo dei musei d'arte. Chiaramente è un po' più di un acronimo, perché "fico" sta sia per l'esclamazione educata e ripulita per dire "bello, gagliardo", sia per il frutto raffigurato nel logo qui accanto, frutto con un forte portato simbolico e divenuto quasi sinonimo di lusso. Di cosa parliamo oggi? Andando nel dettaglio dell'acronimo scopriamo che parliamo di Fabbrica Italiana Contadina di Bologna, il più grande centro commerciale o parco a tema dedicato al cibo, sorto nella zona dell'ex CAAB, Centro Agro Alimentare di Bologna. Da centro agroalimentare al più grande parco agroalimentare del mondo, con la peculiarità di un naming che unisce inequivocabilmente due mondi e due immaginari, quello della fabbrica e quello del contado, nel nome di un frutto. Il concept e la gestione del parco hanno già fatto molto discutere, ma questi aspetti interessano poco un blog sul naming. Certo per noi è che l'espressione che l'acronimo-naming sintetizza è quantomeno bizzarra. 

martedì 17 luglio 2018

Esselunga, straordinario quotidiano. Altri appunti di verbal branding

Abbiamo sempre parlato di verbal branding come sfera molto vicina al naming. Con verbal branding intendiamo infatti tutti i dispositivi "verbali" di comunicazione di una marca (nome, payoff, campi semantici a cui fa riferimento, storia della sua lingua ecc.). Ad esempio se pensiamo alla marca di yogurt Müller sappiamo che dal punto di vista del verbal branding ha sempre sostato nei territori del piacere, della seduzione e con evidenti allusioni alla sfera dell'amore anche carnale. Tra gli esempi di verbal branding più efficaci registrati, mi sembra che Esselunga possa dirsi in una posizione di spicco. La catena della grande distribuzione, con il suo payoff "Straordinario quotidiano" unisce in un ossimoro e nel contrasto di due aggettivi/sostantivi intercambiabili la quotidianità dell'atto del comprare e del consumo e la straordinarietà dell'assortimento e dell'offerta. Non è facile sintetizzare in un'espressione così efficace un universo di valori che l'insegna intende occupare e medianti i quali vuole posizionarsi nella testa dei consumatori. 

lunedì 2 luglio 2018

Iliad, nome nuovo per il mercato italiano

Iliad, società francese operativa nel settore delle telecomunicazioni, non è certo una realtà nuova. Ha già quasi trent'anni di vita. Certo per il pubblico italiano che vede ora gli spot in televisione il nome può suonare nuovo. E in questo periodo dove si moltiplicano le schede SIM attivate da questo nuovo operatore, vale la pena fare qualche considerazione su questo naming davvero interessante. Interessante perché rimanda alla parola inglese per "Iliade", certo, ma anche per una sonorità liquida e luminosa confermata e "bloccata" dalla lettera "d" finale. Appare come naming che non presta il fianco a mispelling e questo fatto è fondamentale nell'ottica di esportazione di un brand, scenario che come vediamo si sta verificando in questi giorni. Insomma, Iliad appare come un naming foneticamente molto interessante e persino coraggioso dal punto di vista semantico, se consideriamo che tra i vari significati della parola si registra anche nei dizionari inglesi "a long series of woes and travails".

venerdì 8 giugno 2018

Renault Twizy e il valore fonosimbolico della "y"?

L'altra mattina avevo davanti una Renault Twizy, quadriciclo elettrico prodotto da Renault a partire dal 2011. Il futuro della mobilità è elettrico, si dice, ed è curioso osservare cosa si muove per le strade. Cercando qualche notizia sul nome ho trovato questo post di Linda Liguori, sempre puntuale e dettagliato come tutti i suoi post, che in passato non avevo notato o che comunque mi era sfuggito. Leggetelo, perché è interessante ed è un'analisi di naming impeccabile, come sono tutte le sue analisi. Come nota Linda Liguori il finale in "y" richiama qualcosa di piccolo, "friendly" e ludico. Ecco, mi chiedo: questo è un classico caso di fonosimbolismo o è più qualcosa legato alla consuetudine, all'uso e alle mode del linguaggio dei nomi di marca? Voglio domandare: c'è una relazione tra l'essere piccolo/friendly/ludico e l'usare una lettera "y" nel finale? L'impianto teorico del fonosimbolismo, a partire dalla Gestalt di "takete" e "maluma", ha un suo portato teorico notevole, sfruttato ampiamente nell'ambito del naming. Tuttavia in questo peculiare mondo dei nomi di marca e prodotto moltissimo è dato dalle consuetudini di denominazione. Non credo che la "y" finale abbia incorporata la valenza dell'essere piccolo/friendly/ludico, credo che questo riconoscimento derivi più dall'uso e quindi ci si sposti sui terreni della pragmatica. La pragmatica mi sembra a tutti gli effetti la parte della linguistica più feconda per avvicinare lo studio del naming a livello globale.

mercoledì 23 maggio 2018

La creazione del nome di dominio tra brand e parole chiave

Nella creazione di nomi di dominio, attività quotidiana che riguarda sicuramente molte persone nel mondo, ci si trova spesso ad affrontare - in tutta velocità - un bel dilemma. Il nome di dominio infatti seguirà l'attività economica o il prodotto che intende veicolare su web. Ora, come sotto gli occhi di tutti, pare vi siano due strade principali per la creazione di nomi di dominio: da un lato la ricerca di una parola brand che posizioni il prodotto, il servizio o l'azienda (fu il caso di subito.it, oggi a tutti gli effetti vero brand del digitale), e dall'altro la presenza di parole chiave descrittive che rendano più veloce e immediata la presenza del sito nei motori di ricerca (ad esempio il sito tele-cinema.it per chi cerca servizi di telecinema con il fine di restaurare, recuperare e digitalizzare filmati in pellicola). Chiaramente anche un dominio del secondo tipo può diventare brand, sebbene sia più difficile creare un brand a partire dall'unione di parole comuni che servono solo a favorire il traffico e l'indicizzazione sui motori di ricerca. In linea di massima quindi è bene porsi qualche domanda nel momento in cui si deve procedere alla registrazione di uno o più domini per un'azienda, cercare di essere lungimiranti, di valutare anche le parole più brevi e efficaci, inattaccabili da digitazione errata (nel riquadro in alto è sintetizzata l'operazione di rebranding grafico di subito.it, dove è sparita l'accozzaglia di prodotti stilizzati dentro la lettera "o" ed è sparito il ".it").


giovedì 3 maggio 2018

Origine del nome "Oreo"

Una volta una persona mi raccontò di aver visto, durante un viaggio in un paese dell'Asia, i biscotti "Oseo", chiara imitazione dei più celebri "Oreo". A un veneto questo naming fa sorridere, prima di tutto perché è un'imitazione e secondo perché vuol dire, in dialetto, "uccello". Questo aneddoto  ci parla della popolarità di questo biscotto farcito e scuro, lanciato nel 1912, il quale non era poi così diffuso in Italia, almeno fino a qualche decennio fa. Il concorrente che per primo viene in mente, almeno nel nostro paese, è Ringo, biscotto analogo anche se con caratteristiche diverse, un brand Pavesi sostenuto negli anni da massicce campagne pubblicitarie. Oggi mi sembra che Oreo abbia una larga diffusione anche in Italia, ma ovviamente bisognerebbe avere dei dati alla mano. Veniamo al nome "Oreo" e alle sue origini. Questa volta non siamo in grado di raccontare una storia certa. Alcuni vedono un rimando a "Or", parola francese per "oro" (e si potrebbe pensare anche al latino "Os, oris" per bocca), altri al greco "Ωραίο" che rimanda al gusto, alla bellezza e alla bontà. Sempre sulla pagina inglese di Wikipedia leggiamo che altri pensano che il nome sia stato dato per la brevità e la facilità di pronuncia, altri ancora da "Oreodaphne". Proprio quest'ipotesi sembra accreditata nel libro Bravetart. Iconic American Desserts di Stella Parks, perché una corona d'alloro era presente nel design originale di Oreo e questo rimando vegetale vale anche per altri biscotti della Nabisco. Va notato che in certi casi fa anche gioco mantenere un alone di mistero sulle origini del nome di un prodotto divenuto iconico e imitato. 

L'articolo più completo su Oreo e le origini del nome mi è parso questo. Curiose infine sono le attestazioni che vogliono "Oreo" come termine dispregiativo per riferirsi a una persona di colore con una mentalità da bianco (si legga qui e qui).

giovedì 26 aprile 2018

Ferrero acquisisce la confectionery di Nestlè, incluso il brand Butterfinger. Il caso curioso di questo naming

Come reso noto a inizio 2018, Ferrero ha fatto shopping negli USA per acquisire il business dolciario di Nestlè. L'accordo è ovviamente di natura finanziaria e produttiva (prevede l'acquisizione di stabilimenti produttivi statunitensi di Nestlè), ma è anche un accordo che riguarda l'acquisizione di brand e brand names. Tra questi nomi si ricordano Butterfinger, BabyRuth, 100Grand, Raisinets, Wonka e, come leggiamo in adnkronos "il diritto esclusivo sul marchio Crunch negli Stati Uniti per il confectionery e per determinate altre categorie, così come i brand di caramelle SweeTarts, LaffyTaffy e Nerds". Le Butterfinger sono barrette al cioccolato e burro d'arachidi molto popolari in America. Sono state inventate nel 1923 e dal 1990, dopo vari passaggi, sono entrate nell'orbita e portafoglio di Nestlè. Nella pagina Wikipedia "La barretta venne commercializzata dall'azienda Curtiss Candy Company di Chicago che per darle un nome indisse un concorso pubblico. Per il nome è stato scelto un termine slang che descrive una persona goffa, termine usato soprattutto in ambito sportivo per un atleta a cui spesso casca la palla." Chiaramente il nome richiama anche la forma affusolata della barretta, il fatto che si mangi con le mani/dita e anche un ingrediente fondamentale.

lunedì 9 aprile 2018

Il nome per un profumo: uno sguardo alla primavera/estate 2018

Lo sappiamo: quello dei profumi è il settore merceologico dove il naming è una delle chiavi di marketing più rilevanti (assieme al packaging, ovviamente). Poi è chiaro che le essenze e la fragranza faranno il resto. Ma nell'ambito dei profumi l'attenzione per i nomi è ancora a livelli massimi e analizzare quello che qui succede è sempre divertente. Diciamo anche che per chi si occupa di naming dare il nome a un profumo è forse il non plus ultra della realizzazione professionale. In questo articolo online della rivista "Grazia" si scopre qualcosa di più circa le novità previste per la stagione primavera/estate 2018. Se "Amo" di Ferragamo colpisce per brevità, rima e pregnanza, anche "Dolce" di Dolce e Gabbana si rifà a un'estrema sintesi. Colpisce per brevità anche "Sì" di Giorgio Armani, ma in assoluto il nome che incuriosisce di più, non tanto per il normale e diffuso ricorso alla lingua francese, bensì per essere un naming-frase di senso compiuto è "Le Jour Se Léve" di Louis Vuitton. Qui vanno rilevati e messi in risalto l'attacco con la lettera "L" e il finale, con la "V" di "Lève", i quali creano un rimando chiaro al brand name principale Louis Vuitton.

giovedì 22 marzo 2018

Gnocco e gnocchi: Italo lo Gnocco

In un quadro che vede aumentare l'offerta di prodotti pronti, anche gli gnocchi sembrano guadagnare sempre più spazio nei banchi frigo. Chiaro che si trovano da tempo in questi, ma da quello che osservo l'offerta nel tempo si è ampliata e diversificata (gnocchi di zucca, i verdi spätzle). Finora non si sono registrate grosse scosse di branding (e quindi di naming) in questo specifico ambito e i prodotti offerti sono spesso inquadrati all'interno dell'identità nominale dell'azienda produttrice (spesso anche le private label di una data catena GDO). Ma le cose non è detto che stiano sempre così, e prova ne sia il lancio di Italo lo Gnocco dell'azienda alimentare Ciemme di Barletta. Il naming è assieme al packaging l'elemento caratterizzante di questa operazione, dal momento che si è ricorsi al nome proprio Italo (come quello usato per il treno) e a un chiaro rimando ai colori della bandiera italiana nella confezione. La promessa del nome - perché in questo caso un naming così diventa anche promessa - è la totale italianità del prodotto proposto. In seconda battuta, a completamento del naming, la parte data da "lo Gnocco" evidentemente gioca con il concetto di "persona attraente".

mercoledì 7 marzo 2018

"Vogliamo un naming di tre lettere". Qualche appunto sulle prassi di naming

Questa del titolo potrebbe essere una richiesta impossibile. Pensare a un naming di sole tre lettere può diventare infatti una vera mission impossible, dati i problemi di anteriorità che si porrebbero. Questi problemi ormai si pongono anche con nomi di 7 o 8 lettere, figuriamoci con quelli di 3 lettere. Tuttavia non bisogna mai mollare la spugna e bisogna studiare dal punto di vista legale la situazione quando si sono individuate delle denominazioni di tre lettere interessanti. Potrebbe essere che un dato nome di tre lettere in quello specifico settore sia ancora utilizzabile. La qualità di una ricerca di naming - e qui parliamo di prassi del naming e non di improvvisazione - deve per forza nascere dal poter vagliare una grandissima quantità di nomi. Questo è quello che sentirete ripetere alla nausea da tutti i professionisti di naming. Certo, può capitare il nome-intuizione, che arriva (mai a caso) durante le sessioni creative, ma poter contare su una larga base di nomi da vagliare è il primo passo. In questo scenario, tutti gli strumenti che consentono un'iperproduttività iniziale di nomi sono importanti (dizionari, archivi in rete, fonti disparate, ognuno metta le proprie). Ecco allora una tabella di parole di sole tre lettere, che potrebbe essere un punto di partenza per una simile missione impossibile (fonte: http://sersale.org/paroline.htm, cliccare sull'immagine per ingrandirla). E naturalmente giocare a "Scarabeo" è sempre un bell'esercizio per chi si occupa di nomi.

mercoledì 21 febbraio 2018

Origine del nome di marca Koh-I-Noor Hardtmuth

Gli appassionati di cancelleria, che suppongo essere in tanti a giudicare dall'offerta, conosceranno sicuramente la marca dallo strano nome di Koh-I-Noor. Koh-I-Noor Hardtmuth, per la precisione, è la ragione sociale di questa antica azienda ceca con sede in Boemia a České Budějovice, ancora oggi conosciuta per la produzione di matite, pastelli, portamine, penne, materiali per le belle arti e altri articoli di cancelleria. Wikipedia ci dice che oggi l'azienda produce in regime di terzismo anche dei prodotti di cancelleria in plastica ottenuti mediante stampaggio a iniezione, ma questo a noi interessa relativamente ed è un processo comune a tante aziende con un brand forte alle spalle, dal momento che la Grande Distribuzione Organizzata e la comparsa delle private labels ha modificato molti contesti commerciali. A noi qui interessa più la storia della marca così strettamente legata alla matita, cioè a quell'impasto di argilla e grafite pressato dentro un contenitore di legno, un oggetto per il disegno e la scrittura che si impose presto anche per la sua maggiore economicità rispetto ad altri strumenti in uso all'epoca. La storia dell'azienda è interessante, perché direttamente legata all'affermazione e diffusione delle matite, le quali fecero la loro comparsa alla fine del Diciottesimo secolo. L'azienda fu fondata a Vienna nel 1790 da Joseph Hardtmuth, che presta quindi il cognome alla denominazione aziendale. Ma da dove deriva il nome Koh-I-Noor? Chi si intende di diamanti, di Torre di Londra, di croci maltesi e di curiosità storiche saprà che così si chiama un diamante bianco indiano che a lungo è stato la porzione di carbonio puro cristallizzato più celebre del mondo (oggi si trova nel museo della Torre di Londra ed è al centro della croce maltese della corona di Elizabeth Bowes-Lyon).

lunedì 12 febbraio 2018

Ultimo è arrivato primo. Il nomen non nomen (con sentore biblico)

Chi è arrivato primo a Sanremo nella sezione delle nuove proposte? Ultimo. Fa sorridere, ma potrebbe essere andato circa così un dialogo qualsiasi all'indomani della premiazione di Niccolò Moriconi, 22 anni, nome d'arte Ultimo. Già in passato abbiamo affrontato la questione del nome d'arte nell'ambito della musica leggera (gli esempi sono davvero tanti e si arricchiscono anno dopo anno). È una questione rilevante il nome e lo abbiamo visto anche da questa edizione del festival. Nel caso di Ultimo vengono in mente "gli ultimi che saranno i primi" del Vangelo. Si dice spesso che un nome è anche un augurio. In questo caso il naming artistico è stato sprezzante del detto latino "nomen omen" ma la scelta audace ha portato fortuna a Niccolò Moriconi. Viene da pensare che al momento della scelta del nome d'arte possano aver ben pensato a una situazione del genere. Il tutto rafforza l'invito a osare qualche volta di più con il naming, non solo nell'ambito della musica.